Roma – 21 giugno 2013 – Lo striscione di La migration sfilerà domani a Palermo per il Pride 2013. Volontari e utenti dello sportello dell’Arcigay che ogni domenica pomeriggio all’ospedale civico è aperto a lesbiche, gay, bisex e transessuali migranti saranno insieme ad altre centinaia di migliaia di persone per chiedere uguaglianza.
“Tanti vengono da noi per problemi burocratici, magari legati il permesso di soggiorno. Oppure per essere aiutati a chiedere asilo in Italia, quando tornare in patria significherebbe essere perseguitati o addirittura essere condannati a morte. Soprattutto, le persone che incontriamo vogliono parlare con qualcuno, sfogarsi, sentirsi finalmente a casa” dice a Stranieriinitalia.it Ana Maria Vasile, fondatrice e responsabile di La Migration.
Romena, trentasei anni, quattordici dei quali passati a Palermo, Vasile fa la baby sitter (ha una laurea in pedagogia) e la mediatrice culturale. Dice di aver creato La Migration “per rispondere a un’esigenza personale”, “quando sono arrivata –racconta – avevo bisogno di parlare con qualcuno, eppure ho trovato un muro anche nella comunità lgbt italiana. Così, nel 2011, ho pensato a uno sportello per i migranti, ed è nata questa esperienza, l’unica del suo genere da Verona in giù”.
L’isolamento è una condizione che accomuna tantissimi migranti lgtb. “Arrivano in Italia fuggendo da Paesi dove il loro orientamento sessuale non è accettato, in molti casi è punito anche dalla legge. Se fanno coming out perdono i legami con la loro comunità e con le famiglie rimaste in patria che li ripudiano, ma intanto non ne hanno con gli italiani. È una situazione spesso difficilissima. Una doppia esclusione” sottolinea Vasile. In alcuni casi, non c’è solo l’isolamento.
C’è chi, per questa “colpa” viene anche pestato dai connazionali. “Ma pochi denunciano”. Non è una caso che si stiano moltiplicando i casi di concessione di asilo politico per chi rischia persecuzioni in patria a causa del suo orientamento sessuale.
“La procedura, però, continua ad avere molti ostacoli. Chi chiede asilo non parla l’italiano, e spesso gli viene assegnato un mediatore linguistico con la stessa mentalità chiusa della maggior parte dei suoi connazionali. Poi ci sono le domande della commissione: “Sei gay? Dimostracelo”. Ma come? Ti chiedono cose tipo se conosci i locali gay della tua città. Ma se uno in patria è rimasto nell’ombra, come fa a rispondere?”
Non c’è la possibilità di strumentalizzazioni? Che ci si dichiari, insomma, omosessuali solo per avere asilo? “Credo sia molto marginale. È comunque difficile che la domanda venga accettata e in caso di bocciatura si deve tornare in patria e ci si espone a un linciaggio. Troppo rischioso” fa notare la responsabile di La Migration.
Cosa chiederanno Ana Maria Vasile e gli altri sfilando domani per le vie di Palermo? “Diritti uguali per tutti, anche per le persone lgtb, migranti o italiani che siano. Come insegna la Costituzione”.
Elvio Pasca