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Panebianco e il governo dell’immigrazione: “Cristiani dentro, musulmani fuori”

Il politologo propone di favorire l’immigrazione “dal mondo cristiano-ortodosso a scapito di quella proveniente dal mondo islamico”, che sarebbe “meno integrabile”. La stessa tesi di Casa Pound

Roma – 13 gennaio 2014 – “Troppe ipocrisie sugli immigrati” scrive oggi Angelo Panebianco sulla prima pagina del Corriere della Sera, denunciando l’incapacità italiana di “decidere una volta per tutte a quale criterio appendere la politica dell’immigrazione: la convenienza oppure l’accoglienza”.

Il politologo sostiene le tante ragioni della convenienza, dal contrasto dell’invecchiamento della popolazione alla necessità di nuova forza lavoro e di nuovi consumatori. Liquida invece quelle dell’accoglienza come una “confusione fra la missione della Chiesa e i compiti degli Stati”, che “si scontra con l’ineludibile problema della scarsità: quanti se ne possono accogliere?”.

Appurato che l’immigrazione va governata nella misura in cui conviene, il professor Panebianco passa al problema di come selezionarla. E suggerisce, ad esempio, di agevolare gli ingressi di manodopera qualificata e non quelli di manodopera poco qualificata, che non possono essere tutti assorbiti nei mercati legali e vanno quindi a ingrossare i bacini dell’irregolarità e della criminalità.

Poi, però, cita altre “considerazioni che dovrebbero entrare nelle valutazioni di chi decide la politica dell’immigrazione”. “Per esempio, certi gruppi, provenienti da certi Paesi, dovrebbero essere privilegiati rispetto ad altri gruppi, provenienti da altri Paesi, se si constata che gli immigrati del primo tipo possono essere integrati più facilmente di quelli del secondo tipo” scrive.

Per chi rischia di perdersi in scenari fantascientifici tra incontri con gli immigrati del “primo”, del “secondo” o magari del “terzo tipo”, l’editorialista è più didascalico. “È possibile – spiega- che convenga favorire l’immigrazione dal mondo cristiano-ortodosso a scapito, al di là di certe soglie, e tenuto conto del divario nei tassi di natalità, di quella proveniente dal mondo islamico. Quanto meno, questo dovrebbe essere un legittimo tema di discussione”.

Insomma ai valichi di frontiera, oltre al metal detector, Panebianco vorrebbe inserire anche un rilevatore di fede. Cristiani? Semaforo verde. Musulmani? Tornate in fondo alla fila. E con un egiziano copto che facciamo? Lo facciamo entrare perchè crede nel Padre Nostro (almeno in quello di Panebianco), o sconterà comunque il fatto che la maggior parte dei suoi connazionali sono poco integrabili seguaci di Maometto?

Al di là delle battute, discutiamone pure, legittimamente, però magari senza perdere d’occhio la nostra Costituzione. Quella che dice che siamo tutti uguali senza distinzione, tra le altre cose, di religione. Un principio calato nell’attuale legge sull’immigrazione, e nelle norme che, a volte purtroppo con scarse risultati, contrastano il razzismo nel nostro Paese.

Se poi Panebianco ritiene che Costituzione e leggi debbano essere cambiate per recepire i suoi suggerimenti, ci dica pure come cambiare la geografia delle migrazioni, dove ci si sposta in base alla necessità, non alla fede. Perché in questo mercato della “convenienza”certo bisogna guardare alla domanda, ma non si può non tenere conto dell’offerta.

Ci dica anche che fare con il milione e mezzo di immigrati musulmani che vivono nel nostro Paese. Sono un problema, per il semplice fatto che non pregano il Dio dei cristiani? Secondo lui è difficile integrarli, ma appurato che non ne debbano arrivare altri, con questi come ci regoliamo? Li invitiamo a togliere il disturbo, senza sforzarci troppo di integrarli, sempre seguendo la regola aurea della “convenienza”?

Soprattutto, urgono direttive su come considerare i loro figli, quei pochi che già sono italiani anche per legge e quelli che, prima o poi, lo diventeranno. Sono l’Italia che non vogliamo? Se non bisogna confondere, come scrive il professore, “fra la missione della Chiesa e i compiti degli Stati”, siamo sicuri che lo Stato debba preferire, quando chiama un immigrato o quando si sceglie i suoi cittadini, quelli che vanno in Chiesa?

Panebianco non è il primo, né sarà l’ultimo a suggerire ricette di questo tipo. Però sia chiaro chi sono i suoi compagni di viaggio. Leghisti come Roberto Maroni, che considerano le moschee un virus da arginare, o "fascisti del terzo millennio"  stile CasaPound, quelli che flirtano con i neonazisti greci di Alba Dorata e nel programma per le ultime elezioni chiedono quote di immigrati “che tengano conto dei fattori etnici, sociali, culturali e religiosi dominanti nella realtà di origine”.

Elvio Pasca

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