Città del Vaticano – 2 ottobre 2014 – “Sento cose che non si possono dire perché non si trovano le parole per dirle. Tutto quello che avete sofferto si contempla nel silenzio, si piange e si cerca il modo di essere vicini”.
Parole commosse di papa Francesco, che ha incontrato ieri pomeriggio in Vaticano una delegazione di 37 cittadini eritrei, superstiti o familiari delle vittime delle naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa. Nella strage morirono 368 persone.
“A volte – ha detto il pontefice – quando sembra di essere arrivati al porto ci sono cose durissime. Si trovano porte chiuse e non si sa dove andare. Ma ci sono molte persone che hanno il cuore aperto per voi. La porta del cuore è la più importante in questi momenti”.
“Chiedo a tutti gli uomini e donne di Europa – ha aggiunto Francesco – che aprano le porte del cuore! Voglio dire che sono vicino a voi, prego per voi, prego per le porte chiuse perché si aprano!”
Uno degli eritrei, spiega una nota del Vaticano, ha chiesto al Papa appoggio e sostegno, ad esempio per il riconoscimento delle salme che in certi casi non si è ancora potuto raggiungere. Al Papa è stata offerta in dono una scultura in ferro, raffigurante una bot