Menu

Il portale dell'immigrazione e degli immigrati in Italia

in

Permessi di soggiorno: class action contro i ritardi

Cittadinanzattiva avvia due azioni collettive. “La pubblica amministrazione deve affrontare il problema e risolverlo”

Roma – 25 marzo 2010 – Dallo scorso gennaio si possono avviare cause collettive contro i ritardi della Pubblica Amministrazione.

Sono class action all’italiana,  un’arma spuntata rispetto a quelle americane, perché ad esempio non prevedono risarcimenti e hanno i tempi lunghi del nostro sistema giudiziario. “Nonostante i suoi limiti, l’azione collettiva può però costringere la pubblica amministrazione ad affrontare un problema e a risolverlo” dice Mimma Modica Alberti, responsabile dell’area Giustizia per i diritti di Cittadinanzattiva, un movimento che dal 1978 tutela cittadini e consumatori.

Qualche giorno fa, Cittadinanzattiva ha promosso le prime azioni collettive contro i ritardi nei permessi di soggiorno. “Quello dei ritardi è uno dei temi più segnalati dai cittadini stranieri presso i nostri centri di ascolto. Abbiamo quindi avviato due azioni, entrambe contro al Questura di Roma e il ministero dell’Interno, per il mancato rispetto dei tempi nel rinnovo dei permessi di soggiorno e dei permessi CE per soggiornanti di lungo periodo”  racconta Modica Alberti.

Il percorso dell’azione collettiva, ammette l’esperta di Cittadinanzattiva,  è “lungo e difficile”. Si parte con una diffida alla Questura, che ha novanta giorni per darsi una mossa. Se non lo fa si presenta un ricorso  al Tribunale amministrativo regionale, al quale può aggiungersi chiunque è vittima dello stesso disservizio. Il giudice può infine obbligare la Questura a rilasciare subito il permesso di soggiorno.

Tra tutti questi passaggi, è evidente che alla fine si rischia comunque di dover aspettare anche più di un anno e in tutto quel tempo il permesso sarebbe arrivato comunque. Ma che impatto avrebbe una raffica di azioni collettive contro le Questure d’Italia? Costringerebbe il governo a intervenire finalmente  a monte del problema? “Per capire se l’azione collettiva è uno strumento che funziona, non rimane che provarci” conclude Modica Alberti.

Le spese di giudizio sono a carico dell’associazione, alla quale ci si può iscrivere con quote minime di un euro. Cittadinanzattiva sta raccogliendo segnalazioni anche via internet, verranno vagliate dai suoi esperti per capire se chi le ha inviate può unirsi alle azioni collettive già in corso o se se ne possono avviare di nuove.

Il problema è così diffuso, e le associazioni sono così tante, che potremmo essere solo all’inizio di una lunga, interminabile serie.

Elvio Pasca

Clicca per votare questo articolo!
[Totale: 0 Media: 0]
Exit mobile version