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Phone center, il giorno del giudizio. “Costretti a chiudere dalle nuove regole”

Entro oggi ci si doveva adeguare alle nuove regole. Ce l’hanno fatta in pochissimi, sabato marcia di protesta contro una legge da molti ritenuta punitiva e razzista È arrivato il giorno del giudizio per i phone center lombardi, che da oggi devono rispettare le strette regole previste dalla legge regionale 6/2006, pena multe salatissime, fino alla chiusura.

In vigore per le nuove aperture dal 22 marzo del 2006, le "Norme per l’insediamento e la gestione dei centri di telefonia fissa" davano un anno di tempo ai phone center già avviati per adeguarsi. Ma ce l’hanno fatta in pochissimi.

I titolari, per ricordare solo i diktat che hanno creato più problemi, avrebbero dovuto dotarsi di due bagni (tre nei locali che superano i 60mq) e una sala d’aspetto. Per svolgere l’attività di phone center, si deve poi rinunciare a tutte le altre (es. money trasfert, spedizione pacchi ecc.), andando quindi a smembrare esercizi che da quando sono nati cercano di rispondere alle tante esigenze dei cittadini stranieri in Italia.

"Una persecuzione"
"È una persecuzione, vogliono farci chiudere tutti" sbotta mister H (lo chiamano davvero così), imprenditore cinese che ha un phone center in via Paolo Sarpi e fornisce inoltre sistemi informatici per questo tipo di attività a molti altri negozi. Da lui i vigili sono già passati tante volte, "e trovano sempre qualcosa che non va, l’ultima multa l’ho presa perché avevo finito la carta igienica in bagno… ce l’hanno con noi, è razzismo".

Stamattina, un altro controllo. "Mi hanno detto che non sono in regola e se mi ritrovano aperto in queste condizioni mi fanno una multa da 15mila euro". Domani mister H rimarrà chiuso, ma è sicuro che se la legge non cambia non potrà rialzare la saracinesca: "I soldi per mettere tutto a posto non li ho, e così tantissimi altri negozi miei clienti che ora stanno piangendo. Se poi mi fanno la multa, sa quanto costa prendere un avvocato per fare ricorso? E se perdi?"

Costretti a chiudere
Secondo Abdhul, egiziano titolare un phone center nel quartiere Turro, non ci sono vie di uscita: "per adeguarti, oltre alle spese iniziali, devi rinunciare a buona parte dell’utile". Perché? "Perché se devo fare un altro bagno, mettere la sala d’attesa e allargare le cabine, di sicuro avrò meno postazioni per telefonare. Se poi eliminino il money transfer, oltre alla commissione sui trasferimenti perdo il guadagno sulle telefonate che il cliente fa a chi deve ritirare i soldi".

"Oggi è venuta la asl e mi hanno detto che nonostante tutti i lavori che ho già fatto non sono ancora a posto, ma anche che in una settimana di controlli sono uno di quelli che sta messo meglio. Vi rendete conto?" chiede Abdhul. "Questa legge ci colpisce troppo, io capisco che servono delle regole ma queste sono impossibili. Prima che mi facciano chiudere loro, chiudo da solo io. Non posso rischiare che a furia di multe mi portino via pure la casa!"

"Il 25% delle entrate in meno"
Non sono ovviamente solo imprenditori stranieri a pagare questo prezzo altissimo. Maurizio Giuri, titolare di centro multiservizi a Bergamo, ha dovuto chiudere l’attività di phone center per poter continuare ad offrire quella di money trasfer e corriere espresso. "Praticamente mi hanno costretto a rinunciare al 25% delle entrate per osservare la legge".

Ora Giuri teme che anche i clienti del money trasfer possano diminuire: "Dopo aver spedito i soldi devono andare da un’altra parte a telefonare a casa per comunicare il codice e questo può essere scomodo". Senza contare che chi non rispetta la legge potrebbe fargli concorrenza sleale: "So che qualcuno prova a far risultare che ha due attività distinte, utilizzando lo stesso locale con due ingressi. Comunque a un controllo approfondito non può reggere…"

Sabato in marcia
Non finisce qui. L’appuntamento è sabato pomeriggio a Milano per la marcia di protesta contro la nuova legge promossa dal neonato "Comitato contro la chiusura dei phone center". Partirà alle 14:30 dal grattacielo della Regione, in piazza duca D’Aosta, e arriverà fino a Palazzo Marino, sede del Comune, in piazza della Scala.

"Questa è una legge punitiva, ricorda le leggi razziali fatte dai nazisti contro i commercianti ebrei e secondo noi è chiaramente anticostituzionale" dice il portavoce del comitato Otto Bitjoka. "Non si può creare un servizio commerciale monoprodotto, così come non si possono obbligare a chiudere i negozi che non hanno i requisiti se poi mancano i piani regolatori per aprire queste attività, rispettando le nuove norme, da qualche altra parte".

"Dalla giunta non arrivano aperture, ma pare che la presidenza delle Regione sembra finalmente voler verificare se ci sono le condizioni per applicare la legge" spiega ancora Bitjoka. "Comunque la nostra protesta va avanti, abbiamo creato un collegio difensivo pronto a seguire ogni singolo caso. In Lombardia ci sono 3mila phone center, questa legge li minaccia tutti".

(22 marzo 2007)

 

Elvio Pasca

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