Roma – 16 novembre 2012 – Se non ci fosse in ballo la vita quotidiana di centinaia di lavoratori e delle loro famiglie, avrebbe un che di grottesco la puntualità con cui si rinnova l’allarme per la scadenza dei contratti dei precari dell’immigrazione. “Emergenze” alle quali, altrettanto puntualmente, i governi che si sono succeduti da dieci anni a questa parte hanno sempre risposto con delle proroghe.
Succede di nuovo. I contratti dei seicentocinquanta lavoratori a tempo determinato che gestiscono le pratiche dell’immigrazione presso Questure e Sportelli Unici sono stati rinnovati lo scorso giugno fino alla fine di dicembre. Ma su quello che succederà dal 1 gennaio 2013 ancora non c’è certezza, mentre è sicura la preoccupazione dei diretti interessati e di immigrati, famiglie e aziende che rischiano di vedere ulteriormente dilatati i tempi di risposta alle loro richieste.
E pensare che è dalla regolarizzazione del 2002 che la pubblica amministrazione non riesce a fare a meno di questi rinforzi. Non riesce, però, nemmeno a stabilizzarli, con il rischio che professionalità formate da un decennio di esperienza sul campo vadano perse da un giorno all’altro, lasciando gli uffici che se ne avvalgono nel caos e nella paralisi.
Giovanni Filipponi, impiegato presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Ascoli Piceno, è uno dei seicentocinquanta. “Sono passati 10 anni, il nostro contratto scadrà il 31 dicembre e ancora non si sa se avremo una proroga o altro. Chi istruirà le 135.000 pratiche di emersione dal lavoro irregolare? E le domande di ricongiungimento familiare, i flussi, le conversioni, gli ingressi fuori quota, gli accordi di integrazione, i test di italiano e tutte le informazioni e le consulenze che diamo?” chiede.
“Siamo precari da dieci anni – incalza Filipponi – e continuiamo a lavorare per far fronte ad esigenze ‘emergenziali’ come recitano i nostri contratti. Ma quali sono queste esigenze emergenziali? Svolgiamo un lavoro che ormai da anni è la normalità, e invece ci hanno precarizzato a vita”. Intanto molti di loro si sono rivolti alla magistratura e quindi la Pubblica Amministrazione rischia di pagare le sue mancanze con gli interessi.
A fine settembre, i coordinatori dei sindacati Fp Cgil e Uil Pa presso il ministero dell’Interno, Fabrizio Spinetti e Vincenzo Candalino, hanno scritto ad Anna Maria Cancellieri lamentando il “mancato avvio di un processo di stabilizzazione dei 650”, che “si configurerebbe come una riduzione di un servizio ormai non più emergenziale nei confronti di una utenza che vive già diverse forme di disagio sociale. Ci sembra opportuno conoscere ora – sottolineavano i sindacalisti – senza attendere il mese di dicembre prossimo, quali siano le determinazioni di questa Amministrazione, anche in sede governativa, in ordine al mantenimento in servizio dei lavoratori”.
Cosa ha risposto Cancellieri? “Nulla di ufficiale” spiega Spinetti a Stranieriinitalia.it. “L’unica cosa di cui si parla, ma comunque senza certezze, è una nuova proroga, strappata grazie a un emendamento da infilare in qualche legge che verrà esaminata dal Parlamento nelle prossime settimane. Di stabilizzazione ci hanno detto chiaramente che, con questo governo, non se ne parla”.
La partita, insomma, è ancora aperta, ma l’unico risultato a cui puntare sembra, per l’ennesima volta, qualche mese di contratto in più per i precari dell’immigrazione.
Elvio Pasca