Strasburgo – 5 novembre 2014 –In Italia i richiedenti asilo rischiano trattamenti inumani o degradanti a causa dell'inadeguatezza del nostro sistema di accoglienza. É la grave, ma non così inaspettata conclusione alla quale è arrivata ieri la Corte Europea per i Diritti dell'Uomo, occupandosi del caso di una familgia di profughi afghani.
Madre, padre e cinque bambini erano sbarcati in Italia nel 2011 e quindi erano stati accolti nel Centro per Richeeti aslo di Bari. Diqui si erano allontanati volontariamente per raggiungere l'Austria. Qui avevano chiesto asilo, ma la domanda era stata rigettata perchè secondo il regolamneto di Dublino doveva essere presentata in Italia.
La famiglia si era quindi spostata in Svizzera e anche lì aveva chiesto asilo. Domanda di nuovo respinta per lo stesso motivo, così come il successivo ricorso: per le atorità elvetiche, era l'Italia a doversi occupare di loro.
Madre, padre e bambini stavano quindi per essere deportati in Italia, ma si sono rivolti alla CEDU. Nel ricorso, tra le altre cose, sostenevano che il nostro Paese non offre garanzie e che a causa delle "sistematiche mancanze" del nostro sistema di accogienza avrebbero potuto subire un tratttamento inumano e degradante, vietato dall'articolo 3 della Convenzione Europea per i Diritti dell'Uomo.
Su questo punto, la Corte di Strasburgo ha dato loro ragione. Nella sentenza fa notare che nel 2013, a fronte di oltre 14 mila domande di asilo, il sistema di accolgienza SPRAR garantiva meno di 10 mila posti. Poi che anche l'UNHCR ha riscontrato dei problemi, pur riconoscendo gli sforzi dell'Italia per migliorare la situazione e l'assanza di sistuazioni diffuse di violenza o di condizioni insalubri.
Inoltre i giudici ricordano i problemi segnati nel 2012 dal Commisario per i Diritti Umani riguardo all'assistenza legale e psicologica nei centri di prima accoglienza, i tempi lunghi per identificare le persone vulnerabbili e la tutela dell'unità familiare durante i traferimenti. Questo mentre i richiedenti asilo anno considerati meritevoli di una "protezione speciale", particolamente quando tra loro ci sono dei minori.
"Vista la situazione del sistema di accolgienza in Italia – nota la CEDU – non era infondata la possibilità che un numero significativo di richiedenti asilo portati in quel Paese sarebbe stato lasciato senza alloggio, oppure alloggiato in centri sovraffollati, in condizioni insalubri e violente". La Svizzera avrebbe quindi dovuto ottenere rassicurazioni dall'Italia che, una volta lì, la famiglia afghana sarebbe stata accolta in "una sistemazione adatta all'età dei bambini e che la famiglia sarebbe rimsta unita".