Roma -18 novembre 2013 – “Non ce l’ho con queste povere donne ma con chi le manda e le soggioga. Il burqa è un’umiliazione per le donne”.
Così Daniela Santanchè spiegava, il 20 settembre 2009, il senso della manifestazione che aveva organizzato davanti alla Fabbrica del Vapore a Milano, dove la comunità islamica stava festeggiando la fine del Ramadan. La parlamentare di Forza Italia, che allora era leader del Movimento per l’Italia, insieme a un gruppo di militanti aveva inscenato una protesta contro il burqa, degenerata quasi in una rissa.
La comunità islamica l’aveva vissuta come una provocazione e secondo alcuni dei presenti Santanchè aveva anche tentato di strappare il velo a una donna che stava entrando nell’edificio. Fatto sta che a un certo punto l’esponente politica era stata colpita al petto da un cittadino egiziano, Ahmed El Badry ed era finita al pronto soccorso, dove le erano state rilevate contusioni guaribili in una ventina di giorni.
Ne è nato un processo contro Santanchè, dal momento che la sua manifestazione non era stata autorizzata dalla Questura, e contro il suo aggressore. Oggi il pubblico ministero ha chiesto per lei un mese di arresto e 100 euro di multa, per lui duemila euro di multa.
L’accusa ha chiesto che a Santanchè vengano riconosciute le attenuanti generiche per il suo comportamento processale (“si è fatta interrogare”) e perché è incensurata. Nessuno sconto, invece, per El Badry, nemmeno per la provocazione, dal momento che secondo il pm “ha colpito una persona, oltre tutto di sesso femminile, che esprimeva delle opinioni e non c’era motivo di colpirla”.
La parola passa al giudice. La sentenza è prevista per il 2 dicembre prossimo.