Roma – 10 marzo 2015 – Brutta figura per il ministero dell’Istruzione. Dovrebbe salire in cattedra e insegnare, invece ha rimediato una sonora bocciatura per aver compiuto una discriminazione.
È successo con un decreto emanato lo scorso maggio (DM 353/2014) per formare le graduatorie di circolo e di istituto da utilizzare per le supplenze. Tra i requisiti generali di ammissione c’erano la “cittadinanza italiana” o di “uno degli stati membri dell’Unione Europea”. Gli stranieri erano ammessi solo per l’”insegnamento di conversazione in lingua estera” e comunque in graduatoria avrebbero avuto la precedenza italiani e comunitari.
Qualcuno, però, conoscendo la legge meglio degli esperti di viale Trastevere, ha pensato di rivolgersi ai giudici per farla rispettare. L’Associazione Studi Giuridici per l’Immigrazione, Avvocati per Niente e il sindacato Cub hanno presentato un ricorso antidiscriminazione che mercoledì scorso è stato accolto dal tribunale di Milano.
Come si ricordava nel ricorso, la legge italiana e le norme comunitarie garantiscono anche ad alcune categorie di stranieri l’accesso ai concorsi pubblici e al pubblico impiego. Sono i familiari di cittadini italiani e comunitari, i lungosoggiornanti (quelli che hanno in tasca la cosiddetta “carta di soggiorno), i rifugiati politici, i titolari di protezione sussidiaria e i lavoratori altamente qualificati titolari di “carta blu”.
Il giudice Tullio Perillio (ecco la sentenza) ha dichiarato la “natura discriminatoria” del requisito della cittadinanza italiana o comunitaria e della precedenza data a italiani e comunitari nell’insegnamento di conversazione in lingua straniera. Quindi ha ordinato al ministero dell’Istruzione di modificare il bando e riaprire i termini per la presentazione delle domande, condannandolo inoltre a rimborsare 3 mila euro ai ricorrenti per le spese legali.
Bisognerà insomma rifare le graduatorie, con tutti i disagi che questo comporterà per gli aspiranti supplenti e per le scuole. Una situazione che si sarebbe potuta evitare se solo al ministero dell’Istruzione fossero stati più attenti. Del resto, lo stesso errore lo avevano fatto col bando per reclutare bidelli, salvo poi correggersi prima di finire in tribunale.
“Confidiamo che con questa vicenda – scrivono Asgi, Apn e Cub in una nota – si possa definitivamente chiudere la faticosa fase di non applicazione delle norme in tema di accesso degli stranieri al pubblico impiego che hanno rappresentato un significativo passo (finora rimasto poco attuato) per l’adeguamento della nostra legislazione all’ordinamento comunitario”.