A Roma l’esposizione del più grande scultore libico contemporaneo. I rottami della guerra assemblati in opere d’arte. Fino al 28 febbraio
Roma – 8 febbraio 2013 – Elmi, fucili, pallottole, pezzi di bombe, cingoli, serbatoi… Dopo il fragore degli spari e il silenzio della morte, ciò che resta sui campi di battaglia torna a vivere in opere d’arte, diventa uomini, donne e animali. Un modo per ricordare le atrocità della guerra, lanciando però anche un messaggio di resurrezione.
Sono le “Anime di materia”, lavori di Ali WakWak, il più importante scultore libico contemporaneo, esposti fino alla fine del mese al Complesso del Vittoriano, a Roma.
Nel “Muro delle identità”, oltre cinquecento elmetti arrugginiti sono trasfigurati in volti attoniti. Nel “Ragno” sembrano le uova mortali di un insetto mostruoso dalle zampe lunghissime. E il “Milite ignoto”, plasmato con altri rottami di guerra, accoglie gigantesco i visitatori. Ammonendoli e aprendo loro un percorso che si snoda attraverso quaranta sculture fatte di “materiale bellico”.
Ali WakWak ha vissuto la guerra. Nel 1989 finì nelle prigioni di Gheddafi per due anni perché si era rifiutato di prendere le armi contro il Ciad. In seguito finirono dietro le sbarre anche il fratello e il figlio, liberati quando il regime del rais fu rovesciato. Nella primavera del 2011 iniziò a raccogliere i rottami dei conflitti che hanno sconvolto il suo Paese per assemblarli nelle opere esposte al Vittoriano.
“Così si ricrea vita dalla morte. Tutto il lavoro di è incentrato sulla rinascita dopo la distruzione, come ricostruire un Paese, noi stessi, attraverso lo stesso materiale – ora bruciato, rotto, divelto – che ha causato la morte dei nostri simili” commenta Elena Croci, curatrice della mostra. Ali WakWak racconta una speranza: “Dalla macchina della distruzione –dice – può rinascere la bellezza”.
“Anime di materia” è promossa da Health Ricerca e Sviluppo, spin-off dell’Università di Bologna impegnata nel settore scientifico sanitario, in collaborazione con Camera di Commercio di Roma e si avvale del patrocinio del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Presidenza della Regione Lazio e di Roma Capitale, nonché del Ministero degli Esteri, del Ministero della Cultura di Libia, Charity Libyan Disable e il King Senussi’s Castle Museum di Bengasi. È sostenuta da Eni ed è organizzata e realizzata da Comunicare Organizzando.
L’esposizione è stata già visitata da ventimila persone e rimarrà aperta fino al 28 febbraio dal lunedì al giovedì dalle 9:30 alle 18:30 e venerdì, sabato e domenica dalle 9:30 alle 19:30. L’ingresso è gratuito.