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“Italia responsabile per i sessantatre morti nel barcone alla deriva”

Tineke Strik, che ha indagato per il Consiglio d’Europa, porta in Senato l’atto d’accusa per la tragedia del marzo 2011. “Fuggivano dalla guerra civile, le autorità non organizzarono le ricerche e i soccorsi”

Strasburgo – 3 luglio 2012 – Anche l’Italia è responsabile della morte di sessantatre migranti lasciati andare alla deriva nel Mediterraneo nel marzo 2011. È la denuncia che la senatrice Tineke Strik,  delegata dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa di indagare sulla vicenda, porterà domani davanti alla Commissione per i Diritti Umani del Senato.

La tragedia risale al periodo della guerra in Libia. Settantadue persone partite su un barcone dal paese nordafricano si trovarono in mare senza soccorsi. Ne sopravvissero solo nove, tutti gli altri morirono disidratati, di fame e di sete.

Dopo una lunga indagine, la parlamentare socialista olandese ha concluso che i 73 profughi che fuggivano dalla guerra civile in Libia furono intercettati e avvistati da unità militari che perlustravano la zona in quei giorni, ma nessuno raccolse il loro appello. Addirittura un elicottero – di cui non si è appurata la nazionalità – lanciò delle bottiglie d’acqua e biscotti ai naufraghi, ma non tornò a soccorrerli come promesso.

“Le opportunità di salvare quelle povere vite umane, che non erano clandestini ma rifugiati con diritto d’asilo, furono tante”, afferma la senatrice olandese nel rapporto già presentato all’Assemblea di Strasburgo e alla Commissione per i Rifugiati del Parlamento Europeo. “L’Italia fu il primo stato a ricevere la chiamata di soccorso. Avrebbe dovuto organizzare le ricerche e i soccorsi. Non l’ha fatto”.

Decisa a individuare le responsabilità di una così grave negligenza (solo lo scorso anno furono più di mille, secondo le stime ufficiali, i morti nel Mediterraneo), dopo il Senato italiano la senatrice Strik cercherà di coinvolgere la prossima settimana a Bruxelles anche la Commissione europea.

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