Roma – 20 giugno 2014 – L’Italia invecchia, indipendentemente dalla crisi economica. E mentre lo Stato latita, le famiglie hanno comunque bisogno di assistenza per i loro anziani non autosufficienti. L’ultimo anello di questa catena diventano le badanti, che devono accettare la formula “più lavoro, per lo stesso stipendio”.
Il mestiere dalla badante in tempo di crisi è al centro della ricerca “Viaggio nel lavoro di cura” realizzata da Ires per le Acli Colf. “Negli ultimi anni –sintetizza il patronato – le famiglie chiedono alle badanti di lavorare di più, senza per questo aumentare lo stipendio. Le lavoratrici sembrano dunque avere una chiara percezione di quello che sta accadendo: la crisi economica ha impattato sugli standard minimi di lavoro, in alcuni casi, provocando un peggioramento”.
Vai a Colfebadantionline.it, il portale del lavoro domestico
Per realizzare la ricerca sono state interviste più di 800 badanti. Nel 94% dei casi sono donne, nel 95% straniere (il 25% romene, il 25% ucraine), il 58% ha tra i 45 e i 64 anni. “il profilo socio-demografico è vicino alla rappresentazione tipica della badante: una donna matura, proveniente dall’Est-Europa, con un titolo di studio mediamente alto che abita nella casa della persona che assiste”.
Queste donne lavorano sodo, spesso nell’ombra. Il 65% , due su tre, fanno un numero di ore superiore al massimo previsto dal contratto nazionale di lavoro (54 ore per un full time). Il 51% denuncia qualche livello di irregolarità contributiva, il 15% non ha mai visto un contributo. “Spie di una condizione lavorativa che, nei casi più estremi, può arrivare a connotarsi in termini di sfruttamento”.
E le retribuzioni? In media una badante guadagna 800 euro al mese, con una retribuzione oraria di 4 euro. Abbastanza per chi coabita, troppo poco per chi deve pagarsi anche un affitto. Nel 2007, la media mensile era di 850 euro: in sette anni 50 euro in meno. Una perdita contenuta? Non se si guarda alla retribuzione oraria, che sette anni fa era di 6 euro. “In pratica, per mantenere un livello retributivo minimamente soddisfacente, le badanti lavorano di più, abbassando il proprio costo orario”.
Le chiamano badanti, ma sono tutto-fare. Oltre il 50% svolge tutte le sette attività considerate “di base” (lavare, aiutare la persona nelle funzioni corporali, tenere in ordine la casa, stirare e cucinare), il 91% ne aggiunge anche almeno una di quelle “accessorie” ( pagare le bollette, andare dal medico, controllare la scadenza di alimenti e farmaci), l’86% ha anche incombenze “para-infermieristiche” (somministrare medicinali, misurare febbre, pressione, glicemia, fare iniezioni e medicazioni varie).
La percezione dei tempi più duri è chiara: il 42% è sicuro che negli ultimi anni sia diventato sempre più difficile lavorare con un contratto di lavoro, il 44% conferma che negli ultimi anni le famiglie chiedono di lavorare di più, senza per questo aumentare lo stipendio. Intanto, il lavoro logora corpo e mente: il 69%, da quando fa la badante, soffre di mal di schiena, il 41% di altri dolori fisici, il 39% ha problemi di insonnia, il 34% di ansia o depressione.
L’autopercezione della professione è però positiva, se l’82% non ha remore nel dire a chiunque che mestiere fa. E si può anche dare a meno di perifrasi, tipo assistente familiare: il 59% ritiene che il termine “badante” sia il migliore per descrivere il lavoro che fa.
Scarica
VIAGGIO NEL LAVORO DI CURA
Le trasformazioni del lavoro domestico nella vita quotidiana tra qualità del lavoro e riconoscimento delle competenze
Elvio Pasca