Brasilia – 27 gennaio 2015 – Partita amara ieri per il giocatore Marcos Guilherme. Non per il 0-0 che ha inchiodato il suo Brasile contro l'Uruguay allo Stadio del Centenario a Montevideo, ma per gli insulti rimediati da un avversario, il numero 7 Facundo Castro.
“Mi ha chiamato per cinque volte macaco. Ha parlato forte e chiaro, senza mai coprirsi la bocca, lo dimostrano le riprese televisive. Qualcuno deve intervenire o questi insulti non finiranno mai”, ha spiegato il calciatore della seleção under 20, annunciando l'intenzione di intraprendere un'azione legale. E la nazionale sta pensando di affiancarlo.
Non è la prima volta che i giocatori brasiliani subiscono insulti razzisti da atleti e tifosi avversari. “È successo anche ad Aranha, Tinga e Arouca – ricorda Guilherme – e nessuno fa niente. Stiamo rappresentando un Paese, facciamo il nostro lavoro, la nostra famiglia è a casa a tifare per noi e ci vede soffrire per il razzismo in mezzo al campo, nel mezzo del nostro lavoro. É una vergogna”.
“Siamo stanchi di questa storia” gli fa eco l'allenatore Alexandre Gallo. “Noi siamo una sola razza, non è la pelle a fare la differenza, ma il carattere. Questo non è un bene per il calcio né per la è diverso, ma il carattere. Questo non è un bene per il calcio, né per la competizione. Il Conmebol (la Confederazione Sudamericana del Calcio) deve assumere un atteggiamento serio”.