Roma – 25 settembre 2014 – "Questo matrimonio non s'ha da fare" sentenziò il leghista Stefano Candiani. Il sindaco di Tradate, provincia di Varese, non volle celebrare le nozze di due giovani, lei italiana e lui albanese, perchè quest'ultimo era privo di un permesso di soggiorno.
Era il 2008 e la legge non prevedeva alcun divieto di questo tipo. L'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni avrebbe tentato di introdurlo un anno dopo, per poi vederselo annullare dalla Corte Costituzionale perché il diritto a farsi una famiglia prevale sulla lotta all'immigrazione irregolare.
Candiani però mandò all'aria la cerimonia per due volte. La prima, semplicemente rinviandola e mandando a casa promessi sposi e invitati, la seconda facendo intervenire la polizia locale. Il giovane albanese fu identificato e accompagnato in Questura, quindi trasferito in un Cie e infine rimpatriato.
La sua amata, però, che tra l'altro era al sesto mese di gravidanza, lo raggiunse in Albania e i due si sposarono lì. Poi la famiglia potè riunirsi in Italia grazie al ricongiungimento e iniziò una battaglia legale perché venisse appurata e risarcita l'ingiustizia che aveva subito.
Qualche mese fa, il tribunale di Varese ha dato ragione ai due sposi. Visto che Candiani, come ufficiale di stato civile, non rappresentava il Comune, ma lo Stato, ha deciso che fosse quest'ultimo a risarcire la coppia, alla quale qualche giorno fa la prefettura di Vaerese ha deciso di staccare un assegno da 8 mila euro.
Soldi, conviene ricordarlo, a carico dei contribuenti e non di Stefano Candiani, a meno che lo tato non decida di rifarsi su di lui. Intanto il leghista ha fatto carriera: dopo essere stato per quache anno segretario del Carroccio in provincia di Varese, odal 2013 è volato a Roma, eletto senatore della Repubblica Italiana.
L'ex primo cittadino di Tradate, non ha rimorsi per quelle nozze negate: "Si è trattato di una decisione che prenderei ancora oggi. Quel giovane non aveva i documenti in regola e il matrimonio non può essere usato come una scorciatoia per aggirare le norme sull’immigrazione".
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