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“Razzismo, figlio dell’allarme sicurezza”

Intervista alla sociologa Maria Immacolata Macioti: "Abbinare clandestinità e delinquenza: alibi per l’intolleranza" Roma – 7 ottobre 2008 – Molti, troppi fatti nell’Italia degli ultimi tempi parlano di intolleranza, odorano di discriminazione, pregiudizi, razzismo. Insulti, muri imbrattati da scritte sconcertanti, pestaggi, abusi di potere, uccisioni. Sono strumentalizzati? Raccontano più una verità amara o invece un’amarezza vera che sfocia in accuse a volte esagerate, inventate (come ad esempio sostengono alcuni sulla storia di Emmanuel)? Tutti questi fatti, hanno davvero a che fare con sentimenti razzisti oppure no?

A queste domande risponde Maria Immacolata Macioti, docente di sociologia dell’università di Roma “La Sapienza”, che da anni si occupa dei fenomeni migratori. “In Italia c’è un innegabile clima di tensione generale – dice Macioti -, dovuto in gran parte ai continui allarmi sulla sicurezza”.

Non è dunque una coincidenza che l’omicidio di Milano, i fatti di Castel Volturno, il pestaggio di Roma, siano avvenuti a distanza ravvicinata?
No, affatto. Questi e tutti gli altri episodi che recentemente hanno avuto come vittime dei cittadini immigrati sono il risultato di un’eccessiva preoccupazione relativa all’ordine pubblico, che troppo spesso è stato legato alla presenza di stranieri. La clandestinità è stata abbinata al concetto di delinquenza e tutto questo ha creato una sorta di ‘giustificazione’ all’intolleranza e alla violenza nei confronti dei migranti, promuovendo l’idea che certi comportamenti siano consentiti.

Ritiene che la colpa sia da attribuire alle politiche del nuovo governo?
Il nuovo governo c’entra, ma questa impostazione sbagliata c’era da prima, già con Prodi. Da tempo la direzione è sbagliata: parlo delle difficoltà di concedere l’asilo, dei ricongiungimenti, della mancanza di volontà di dare il diritto al voto alle amministrative, della questione flussi. Molte ‘prassi’ che l’Italia condivide con l’Europa, ma che mettono i bastoni tra le ruote a una vera integrazione”.

Limitare le libertà, circoscrivere i diritti e aumentare i controlli può risultare nocivo?
Certamente attivare l’esercito è stata una mossa eccessiva. Avere politiche più aperte sarebbe meglio secondo me. Infatti l’intolleranza è maggiore nei comuni governati da sindaci sceriffi.

Spaventa più l’islam o il diverso in genere? Come vede la lotta che soprattutto il nord e i leghisti stanno facendo alle moschee?
Spaventa soprattutto l’islam, che è il diverso per eccellenza. Quanto all’accanimento contro le moschee, lo ritengo sbagliato. Nasconde uno stereotipo, ormai radicato, che identifica i musulmani con i terroristi. E questo è assurdo. 

Secondo lei siamo in un tunnel senza uscita in cui l’immigrato è il cattivo, il capro espiatorio?
Spero proprio di no. Mi auguro che l’uscita ci sia, anche perché la situazione attuale non è ammissibile in un paese civile quale l’Italia.

Qual è la soluzione per trovare un sano equilibrio nella convivenza tra i popoli?
Secondo me la via è quella di cominciare a ragionare sui diritti: circa la cittadinanza ad esempio e poi sul diritto di voto, almeno alle amministrative, che mi sembra più che giusto. Un passo, quest’ultimo, fatto da tempo in altri paesi.

Come vede l’Italia multietnica tra 10 anni? Potrà essere un paese dove il colore della pelle non fa differenza?
In Italia l’immigrazione esiste sin dagli anni ’70. Che qualcuno se ne sia accorto solo ora, è altro discorso, ma i tempi per far funzionare la convivenza tra stranieri e autoctoni non è mancato. Ogni paese ha avuto problemi e difficoltà e nessuno custodisce un modello vincente sul tema. Il futuro dipenderà da come si evolveranno la situazione politica e culturale. C’è l’esigenza di maggiore confronto, che a quanto pare non è possibile con l’attuale governo.

Antonia Ilinova

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