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“Sudano, piangono, sognano”. L’Italia dei cinesi

‘Miss Little China’: un libro racconta gli immigrati provenienti dall’Impero celeste oltre i luoghi comuni

Roma – 9 luglio 2009 – Per noi sono enigmatici: stacanovisti, vivono chiusi nella loro comunità, danno poca confidenza. Sono i cinesi che – oltre a lavorare tanto e non morire mai – "sudano, piangono, sognano", come dice il sottotitolo del recente libro di Raffaele Oriani e Riccardo Staglianò ‘Miss little China’.

Un settantina di pagine, accompagnate da un dvd, raccontano l’Italia dei cinesi oltre le credenze e i pregiudizi. Miss Little China mostra i discendenti dell’Impero celeste in una dimensione quotidiana, offrendo un’intimità personale e famigliare inedita. E fa entrare il lettore in un mondo di cui si sa poco o nulla, "al netto di una quantità industriale di luoghi comuni".
Le prime pagine del volume ospitano una relazione dell’Ispettorato per l’immigrazione degli Stati Uniti che descrive gli immigrati italiani proprio come vengono spesso descritti i migranti in Italia: ‘Non amano l’acqua, molti di loro puzzano… Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina… Fanno molti figli… Sono dediti al furto… Le nostre donne li evitano perchè si è diffusa la voce di stupri…”.

E i cinesi? Fanno parte del mucchio? Il libro e il documentario allegato parlano di esseri umani e non di un’indistinta astrazione sociologica, come a volte è accaduto. Gente che lavora duro e che conserva una visione ottimista del mondo anche davanti alle avversità. Tra loro sono molti i giovani che appartengono alla seconda generazione di immigrati e si autopercepiscono più autoctoni di quanto non si creda. “Mi sento italiana – dice una ragazza – nel affermare che non voglio lavorare sempre, sette giorni su sette come molti miei connazionali. Voglio avere un giorno libero alla settimana, se non due. Farmi le vacanze, avere una vita normale”.

Perché, giusto o sbagliato che sia, i cinesi lavorano sodo, senza orari. Risparmiano, e spesso spendono solo quel che è strettamente necessario per poter inviare i soldi ai figli che hanno lasciato in Cina o per fare fortuna e magari tornarsene in patria. Si aiutano. Ma anche se nel loro modo di vivere qui – spesso riservato e chiuso – sono difficili da ‘decifrare’, trattasi comunque – come emerge dal libro – di persone normali, con i loro problemi, sentimenti, sogni e obiettivi da raggiungere. “Ogni volta che vedevo una bambina – racconta in lacrime una donna cinese del video – pensavo alla mia, che ho lasciato in Cina anni fa. Quando sono riuscita a portarla qui, lei faceva fatica a chiamarmi mamma e quando lo ha fatto di nuovo mi è venuto da piangere”.

E poi, i cinesi  – enigmatici o no – occupano una parte significativa dell’economia italiana. In città come Rovigo, Prato, Brescia, Lodi, Torino e Milano buona parte delle sempre più numerose aziende guidate da immigrati appartengono a cittadini cinesi. Tralasciando i luoghi comuni spesso privi di fondamento, dov’è il segreto di tanto successo? "Sono un popolo – scrivono Staglianò e Oriani – che ha capito che non è forte chi non cade mai ma chi, cadendo, si rialza. Ecco, i cinesi che vivono nel nostro paese hanno tutti le ginocchia un pò sbucciate. Noi, invece, da tempo non abbiamo più un graffio, tanto da dubitare che ci siano ancora le ginocchia”.

Antonia Ilinova

http://www.youtube.com/watch?v=o752fe6YgPA

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