Oggi in Italia si celebra la festa dei nonni, figure di cui gli immigrati devono spesso fare a meno. Cosa ne pensate?
Oggi l’Italia festeggia i nonni. Il 2 ottobre è dedicato a loro sin dal 31 luglio 2005, quando la festa fu istituita con una legge. Non una data qualsiasi, ma quella in cui – secondo il calendario cristiano – ricorre il giorno degli Angeli custodi. Si celebra dunque una figura che ha un ruolo importante: di consigliere, insegnante, complice. Una figura che nelle famiglie spesso funge da anello di congiunzione, il legame tra passato e presente.
Non tutti hanno la fortuna di averla accanto. A volte a causa di una separazione ‘forzata’, imposta da un percorso migratorio che impone dei sacrifici. I nonni sanno spesso sostituirsi ai genitori, altre volte invece – quando figli e nipoti emigrano – sono costretti a sentirsi come degli “orfani”.
Una condizione dalla quale è difficile uscire: ricongiungerli non è una passeggiata, strapparli alla loro casa e alle loro abitudini sarebbe egoistico e a volte dannoso, mandare i figli dai nonni è una soluzione altrettanto dolorosa. Ed ecco che ci si trova privati di un legame speciale, sacrificato per un obiettivo apparentemente più grande: quello di costruire un futuro migliore in un altro paese.
Secondo voi, vale la pena? I nonni sono “sacrificabili” per una vita migliore? I figli di immigrati possono fare a meno di loro o al contrario perdono una figura fondamentale della propria infanzia e gioventù? E infine, quanto costa ai nonni la lontananza dai loro figli e nipoti? Lasciate il vostro commento.