Dei documenti smarriti, un furto d’intentità, un rapinatore che si finge lui. Così oggi un lavoratore albanese viene continuamente fermato dalla Polizia e non riesce a prendere la cittadinanza italiana
Roma – 24 novembre 2016 – “Dov’è la cicatrice?” si sente chiedere dalla Polizia Aleks Vulaj. E ogni volta deve spiegare che lui, la cicatrice, non ce l’ha. E neanche il tatuaggio. Perché non è chi credono che sia. È una persona per bene, non un criminale.
Vulaj, 40 anni, è un albanese d’Italia vittima di una situazione kafkiana. Vive da tanti anni a Legnano, in Lombardia, con la sua famiglia, fa il metalmeccanico ed è impegnato nel sociale e all’interno della comunità albanese. Ogni tanto scrive anche per Shqiptariiitalise.com.
Quando però incrocia le forze dell’ordine o la burocrazia dell’immigrazione, suda freddo, perché qualcuno in passato gli ha rubato l’identità e ha commesso dei reati. Precedenti che saltano puntualmente fuori e che gli complicano la vita costringendolo a dimostrare ogni volta (con successo) che invece lui è “pulito”.
Una storia assurda, che si ripropone ora che Vulaj vorrebbe diventare cittadino italiano. Ecco come l’ha raccontata in una lettera inviata a Shqiptariiitalise.com, il portale degli albanesi in Italia:
“Sono ormai più di dieci anni che sono residente in Italia, precisamente tra Legnano e Rescaldina comuni dell’Alto Milanese. Da quasi un anno io, mia moglie e le nostre due figlie nate in Italia abbiamo avuto la carta di soggiorno a tempo illimitato.
Fortunatamente, devo dire, perché il calvario che ho passato in questi dieci anni è stato abbastanza duro per via dei documenti che avevo perso e denunciato in Albania prima del 2004. Lo stesso anno con visto di reingresso sono rientrato in Italia. Dopo di che, anche qui ho fatto la stessa denuncia di smarrimento, ma il permesso di soggiorno non me l’hanno dato, solo la ricevuta. Per due anni ho lavorato in nero fino a quando facendo il badante presso una famiglia a Roma mi sono interessato per prendere una quota del decreto flussi e ci sono riuscito con il contratto da colf.
Quando volevo tornare nel mio paese per prendere il visto di lavoro (come tutti credo), al porto di Ancona con mia zia, la polizia di frontiera cominciò ad avere dubbi sulla mia vera identità. Anzi, uno dei poliziotti mi ricordo che mi diede pure un ceffone. Così mandarono in un altro distretto di polizia per il foto segnalamento, che risultò negativo ovviamente.
Da quel momento questi episodi diventarono abbastanza frequenti e cominciai a capire che si trattava di qualcun altro, rapinatore, il quale aveva usato i miei documenti per identificarsi. Al ritorno con visto di lavoro a Bari, stessa cosa. In attesa per più di due ore finché non arrivò la risposta dalla scientifica con la foto dell’ altro omonimo.
Per cui mi chiesero: Hai una cicatrice? Hai un tatuaggio? Nessuno dei due per fortuna. La storia continua a Malpensa dove mi volevano pure arrestare finché li ho detto che non era la prima volta che mi fermavano per questo motivo. Lo stesso all’aeroporto di Bergamo oppure quando vado in gitta con la mia famiglia al lago, in un posto nuovo. Sono sicuro che se passo una dogana per la prima volta vengo fermato e controllato.
Ultimamente mi stavo organizzando con il mio avocato per chiedere la cittadinanza italiana, quando ecco che appare ancora questo problema. Mi aveva chiesto di andare al casellario giudiziario del tribunale di Busto Arsizio e chiedere una visura senza valore. E qui appaiono ancora questi due provvedimenti a mio carico dal tribunale di Cuneo, dove sono avvenuti i reati, e dove io guarda caso non ho mai messo piede.
A questo punto chiamo il suddetto tribunale che mi dicono prova a mandare una raccomandata con i tuoi relativi documenti e le motivazioni. Ho fatto come mi hanno suggerito, una coppia per email e tutto il resto nella busta. Dopo un paio di giorni mi mandano a dire sempre per raccomandata che non hanno capito le motivazioni. Non sono stato chiaro. Ho richiamato il tribunale di Cuneo, ma mi dicono che le decisioni sono del giudice e loro sono solo passacarte.
Ho chiamato anche il call center del Ministero della Giustizia chiedendo informazioni se devo pagare un avocato per cancellare dei reati che non ho mai commesso? La signora mi ha risposto che potrei anche chiedere un risarcimento. A questo punto non so sinceramente cosa fare!
E quando penso quanti saranno come me? In queste situazioni o peggio. Anche se nel mio piccolo, come chi mi conosce ben sa, cerco di fare qualcosa per la comunità e anche nel volontariato, – Come per esempio il fatto di fare parte da qualche anno dell’ AVIS, una esperienza bellissima tra altro – mi rendo conto che avrei dovuto pensare anche alle problematiche strette e personali.
Ho espresso questa problematica perché non riesco a trovare soluzioni. Da dieci anni sono vittima di questo caso di omonimia e, sinceramente, non so come uscirne fuori. Anche se l’anno scorso ho ricevuto il permesso di soggiorno a tempo illimitato, ancora non capisco perché non li cancellano automaticamente i reati che non ho mai commesso in quei posti dove non ci sono mai stato. Non pretendo certo un risarcimento, ma almeno che possa fare la vita tranquilla, chiedendo anche la cittadinanza. Aleks Vulaj “