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“Quest’anno già 3500 morti, è anche colpa dell’Ue”

Il Comitato verita’ e giustizia per i nuovi desaparecidos: “l’Europa si chiude costringendo i profughi a rivolgersi ai trafficanti, e fa accordi con i dittatori per fermarli”

 

 

Roma – 20 luglio 2016 – Sono 3.477 i migranti morti dall’inizio dell’anno a ieri, 19 luglio, e sono destinati a crescere in modo esponenziale rispetto agli scorsi anni.

Una stima spaventosa elaborata dal Comitato verita’ e giustizia per i nuovi desaparecidos, che ai decessi nel Mediterraneo, “la zona di confine a piu’ alta mortalita’ al mondo secondo le stesse Nazioni Unite”, aggiunge anche “i morti via terra”, sempre piu’ numerosi nei viaggi di chi fugge da fame, dittature e guerre verso l’Europa. L’escalation, hanno detto in rappresentanza del Comitato in audizione in commissione Esteri della Camera, Enrico Calamai, Emilio Drudi e Francesco Martone, e’ testimoniata dai numeri: “ne abbiamo 3.500 nel 2014, 4.051 nel 2015 e quest’anno gia’ 3.477 al 19 luglio”.

Una situazione, hanno sostenuto, che sta esplodendo a causa delle politiche di questi ultimi anni dell’Unione europea, tra accordi bilaterali “sistematizzati con il processo di Rabat e Khartum”, abolizione di Mare Nostrum “che ha trasformato il mandato di soccorso in mandato di polizia” con i “respingimenti” e poi gli accordi di Malta fino a quello con la Turchia, che stanno portando “all’esternalizzazione” della gestione di questo esodo a Paesi che spesso sono “dittature” senza alcuna garanzia per i diritti umani.

Le “polizie di frontiera” di questi Paesi, infatti, ha riferito Drudi (che oltre ad appartenere al Comitato lavora per l’agenzia di stampa Habeshia), “hanno cominciato a sparare e per la prima volta quest’anno abbiamo i primi 50 morti uccisi direttamente dalla polizia turca, dalla polizia eritrea e da quella libica”, freddati mentre “cercavano di passare i confini”. La Turchia, ha proseguito, “ha gia’ fatto o sta facendo accordi con 14 Stati” tra cui “Iraq, Iran, Afghanistan, Algeria, Bangladesh, Eritrea, Somalia, Sudan” e cio’ porta all’assurdita’ che “se un eritreo riesce ad arrivare in Italia ottiene lo status di rifugiato” mentre lo stesso eritreo se arriva in Turchia “viene respinto e consegnato al dittatore da cui era scappato”, cosa che accade anche “ai curdi in Iraq”.

I “23mila morti a partire dal 2000 e 11mila negli ultimi tre anni stanno a dimostrare che stiamo davanti ad una curva ascendente in maniera esponenziale a causa delle scelte politiche di proibizionismo attuate dall’Unione europea compresa, che costringono i profughi in fuga per la vita a mettersi nelle mani della criminalita’ organizzata che tra l’altro paradossalmente finisce spesso per arricchire le casse del terrorismo”, ha detto Calamai, che durante gli anni della dittatura argentina era viceconsole a Buenos Aires e ha aiutato centinaia di persone a mettersi in salvo dal feroce regime di Videla.

Calamai ha messo in guardia dalla specie di “assopimento mediatico che tende a deresponsabilizzare l’opinione pubblica quasi si trattasse di un inevitabile fenomeno climatico”. Un assopimento favorito da queste politiche di esternalizzazione che fanno calare ancor piu’ il silenzio su quello che sta accadendo: dopo l’accordo di Rabat la polizia marocchina ferma prima il flusso di profughi e nei centri marocchini “non sappiamo che accade”, ha raccontato Drudi.

Il Comitato verita’ e giustizia per i nuovi desaparecidos, che da un mese ha aperto un sito dove si possono trovare approfondimenti e dossier, “si propone – ha spiegato Calamai – di trovare i mezzi per porre fine allo stillicidio di morti, al vero e proprio massacro che ci accompagna un giorno dopo l’altro, di arrivare alla identificazione delle vittime, di adire un tribunale internazionale di opinione quale il Ttp e nel frattempo chiedere giustizia nelle sedi giurisdizionali sia nazionali che europee che internazionali”

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