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“Vietato l’ingresso agli zingari”. Razzismo dal panettiere

Il cartello, affisso da un negoziante di Roma, è stato rimosso solo dopo la minaccia di un’azione legale. L’associazione 21 luglio scrive a Napolitano: “Stop all’apartheid, contro rom e sinti una spirale di odio incontrollato e sottovalutato”

Roma – 20 marzo 2014 – Vietato l’ingresso agli zingari.  Come se fossero cani da lasciare fuori, col guinzaglio attaccato a un gancio. Neri in Sudafrica durante l’apartheid. Ebrei in Germania e in Italia quando i regimi fascista e nazista avevano varato le leggi razziali…

Eppure quel divieto è comparso pochi giorni fa a Roma sulla vetrina di una panetteria del popoloso quartiere Tuscolano. “È severamente vietato l’ingresso agli zingari” ha scritto il titolare e, probabilmente ritenendosi padrone pure del marciapiede, ha aggiunto: “Anche davanti al negozio”.

A denunciare e documentare con una foto del cartello questa vergogna è l’Associazione 21 luglio , un’organizzazione non profit impegnata nella promozione dei diritti delle comunità rom e sinte in Italia. Ha anche un osservatorio antidiscriminazioni che porta avanti una costante attività di controllo su giornali locali e nazionali, blog e siti web.

“Il cartello ci è stato segnalato dai nostri attivisti e abbiamo subito diffidato il titolare della panetteria. C’è stato uno scambio di mail con i nostri legali, e solo quando abbiamo minacciato di portarlo in tribunale l’ha finalmente rimosso” racconta a Stranieriinitalia.it Carlo Stasolla, presidente dell’associazione. Perché il panettiere aveva messo quel cartello? “Non ce lo ha spiegato, forse aveva avuto qualche esperienza negativa con persone rom. Fatto sta che non c’è giustificazione che tenga, quel cartello era razzista e quindi non poteva essere affisso per alcun motivo”.

È la prima volta che l’Associazione 21 luglio si trova davanti a un caso di questo tipo, ma la lista di discriminazioni contro i rom denunciate negli anni è molto lunga. “Non siamo noi, ma una nutritissima letteratura scientifica a dimostrare che la più grande minoranza in Europa è anche principale vittima di razzismo” sottolinea Stasolla.

L’associazione ha scritto una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “A Roma “è severamente vietato l’ingresso agli Zingari” come lo era a Berlino per gli ebrei e a Soweto per i neri? Oppure siamo forse così assuefatti a una certa terminologia da ritenerla innocua e non percepire più la gravità di alcune affermazioni?”, si chiede la onlus, secondo la quale livelli così alti di ostilità verso rom e sinti sono la conseguenza delle politiche discriminatorie e segregative che le istituzioni italiane attuano nei confronti di tali comunità, nonostante i ripetuti richiami delle autorità europee.

“Il popolo rom e sinto rappresenta in Italia la minoranza più discriminata e meno tutelata a causa di perversi processi sociali che rischiano di avvitare le nostre città in una spirale di odio incontrollato e talvolta volutamente sottovalutato – denuncia  l’Associazione 21 luglio -. 40.000 rom vivono in Italia in condizioni di povertà estrema e di segregazione spaziale e sociale. Circa 140 mila rom e sinti vivono invece in abitazioni convenzionali e conducono una vita di apparente normalità, se tale può chiamarsi un’esistenza in cui spesso è necessario, al di là del proprio status giuridico, nascondere la cultura di origine perché siano garantiti i diritti fondamentali”.

I“campi nomadi”, sarebbero “spazi nei quali è stata istituzionalizzata la discriminazione” .  “La segregazione su base etnica, le innumerevoli azioni di sgombero che non rispettano le garanzie procedurali previste dalle convenzioni internazionali, le discriminazioni che riguardano i bambini rom e sinti nell’accesso ai servizi socio sanitari o all’educazione/istruzione” hanno spinto l’Associazione a promuovere la campagna “Stop all’Apartheid dei Rom!”.

“Questo “Stop” – conclude la lettera al Presidente della Repubblica – va gridato con forza e urgenza, soprattutto in occasione dell’imminente Giornata Mondiale contro il Razzismo. Dobbiamo farlo tutti, rappresentanti della società civile e delle istituzioni, con coraggio ma anche con la responsabilità e la consapevolezza di quanti ancora credono che un’Italia multietnica, e quindi anche un’Italia Romanì, sia non solo ineludibile ma anche auspicabile”.

EP
 

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