Non aiuta con le espulsioni, mentre lo Stato spende per processi e la burocrazia aumenta.“È solo la costruzione normativa del nemico”
Roma – 14ottobre 2013 – Il reato di clandestinità non manda in galera nessuno, ma non aiuta nemmeno con le espulsioni. Intanto fa spendere un sacco di soldi allo Stato, intasa ulteriormente la macchina della giustizia italiana e centra l’unico obiettivo di far passare l’equazione tra clandestini e delinquenti.
“E', dunque, positivo che si riapra il dibattito sulle irragionevoli ragioni dell’ esistenza di un reato inutile, che rivela l’incapacità e la non volontà del legislatore di disciplinare in modo efficace e realistico i canali di ingresso regolare dell’immigrazione, fenomeno strutturale che è illusorio possa essere governato con norme penali”.
L’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione fa un po’ di chiarezza, spiegando in una dettagliata nota l’inutilità dell’articolo 10 bis del Testo Unico sull’immigrazione, quel reato di ingresso e soggiorno illegale nello Stato voluto dal centrodestra nel 200. E mostrando le buone ragioni perché venga abrogato.
Si parte sfatando un luogo comune. “Contrariamente a quanto si pensi – spiega l’Asgi – il reato di clandestinità non è causa di sovraffollamento carcerario perché chi lo commette è punito con una contravvenzione che prevede il pagamento di un'ammenda da 5.000 a 10.000€, che non viene mai riscossa: infatti chi soggiorna illegalmente non è titolare di beni patrimoniali alla luce del sole, aggredibili dall' Agenzia delle entrate. La detenzione, inoltre, non può essere prevista perchè punire l'irregolarita' con il carcere contrasta con la Direttiva rimpatri come a più riprese affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea”.
La legge prevede che quella multa possa essere sostituita con l’espulsione, ma lo straniero durante il processo è a piede libero. Contemporaneamente è anche soggetto a un provvedimento amministrativo di espulsione.
Il risultato? “O la questura riesce ad espellerlo prima che si svolga il giudizio per il reato di ingresso o soggiorno irregolare (ed in tal caso il giudizio si chiude con una sentenza d’improcedibilità), oppure lo straniero farà collezione di espulsioni, quella del prefetto e quella del giudice, entrambe destinate a non essere eseguite e a restare sulla carta”. Intanto, però, lo Stato impegna rilevanti risorse per la celebrazione dei processi, con un aggravio burocratico per gli uffici.
Non è un caso che lo scorso aprile, in base a considerazioni analoghe, il reato di clandestinità sia stato demolito anche da una squadra di saggi insediata al ministero della Giustizia. Quella norma, spiegò l’allora Guardasigilli Paola Severino, “prevede una pena pecuniaria che di fatto il soggetto coinvolto non ha modo di pagare e dunque viene comunque sostituita dall'espulsione, mentre abbiamo già una norma che consente in via diretta l'espulsione di chi e' entrato nel nostro Paese in maniera irregolare".
Allora a cosa serve il famigerato articolo 10 bis? “ Vuole affermare astrattamente – risponde l’Asgi – che la clandestinità è reato, perché così si dà l’illusione che lo Stato è forte (con i deboli), poi non importa se non serve a nulla. l’importante è dare all’elettorato il “tranquillante messaggio” dello stigma del“clandestino”, della costruzione normativa del “nemico” e della devianza. L’identificazione clandestino uguale delinquente è così compiuta nell’immaginario collettivo. Quel che importa è il messaggio che si veicola. Ma questo messaggio è un messaggio razzista. Questa è l’utilità vera del reato di clandestinità”.