Il ministro della Giustizia conferma alla Camera che il governo sta preparando un “pacchetto” sulle espulsioni. “C’è l’esigenza di intervenire rapidamente”
Roma – 14 gennaio 2016 – Cancellare il reato di immigrazione clandestina? Davanti alle telecamere, il governo ha già detto che non vuole farlo ora, perché “la gente non capirebbe”. In Parlamento si limita a dire che ha bisogno di tempo, per mettere a punto anche nuove misure su espulsioni e rifugiati.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha risposto oggi alla Camera a un’interrogazione dei deputati di Sinistra Ecologia e Libertà. Il succo era: perché non depenalizzare subito, come ha chiesto a due riprese il Parlamento, l’ingresso e il soggiorno illegale in Italia?
Quel reato va depenalizzato, ha ammesso il Guardasigilli, non solo perché è “inidoneo a contrastare efficacemente il fenomeno dell’ingresso clandestino, ma anche perché la fattispecie ad oggi prevista si traduce in un rallentamento all’espulsione e in un ostacolo per le indagini, specie quelle relative alla tratta di esseri umani”. Un aspetto segnalato anche dal procuratore nazionale antiterrorismo Franco Roberti.
Ora però sarebbe “sopravvenuta l’esigenza di ulteriori approfondimenti”, per “confrontarsi con il complesso degli strumenti volti ad affrontare il problema dell’immigrazione”. In particolare, Orlando ha citato “ il potenziamento delle misure espulsive dei soggetti non legittimati alla permanenza nel nostro Paese, ma anche con la revisione delle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato”.
È per questo che l’abrogazione del reato di clandestinità è stata rimandata “ad un più ampio pacchetto, nel quale verrà declinata la gamma delle misure più idonee a fronteggiare il delicato tema dell’immigrazione”. Quando arriverà? Orlando ha assicurato che “non si tratta di un rinvio sine die”.
“È evidente che noi, per una serie di ragioni, che riguardano anche l’interazione con l’Europa, abbiamo un’esigenza di intervenire rapidamente su questo tema” ha aggiunto il ministro. “Lo faremo anche alla luce del fatto che l’accelerazione delle procedure amministrative per il riconoscimento dello status di rifugiato implica anche una parallela risposta sul fronte giurisdizionale, soprattutto in quanto alla giurisdizione si ricorre contro i provvedimenti di diniego della richiesta dello status di rifugiato”.