La denuncia del Naga: “Migliaia di euro agli intermediari, ora non possono fare niente”
Roma – 3 settembre 2010 – Milano, prima in Italia per numero di domande, è presumibilmente anche la capitale delle truffe fiorite all’ombra della regolarizzazione.
Centinaia di immigrati, contando solo quelli che in questi mesi si sono rivolti all’ associazioni Naga, hanno pagato migliaia di euro (in media cinquemila, ma le tariffe sono molto variabili) a sedicenti intermediari per domande che non verranno mai accolte. E chissà quanti sono rimasti nell’ombra, a maledire il momento in cui hanno pensato di comprare una scorciatoia verso il permesso di soggiorno.
Quasi tutti non hanno mai conosciuto il datore di lavoro che avrebbe presentato la domanda dichiarando che erano colf e badanti a casa sua. Hanno solo incontrato e pagato l’intermediario, il più delle volte un connazionale, che ha poi consegnato loro la ricevuta della domanda stampata dal sistema informatico del ministero dell’Interno .
“A volte la ricevuta era vera, altre era stata falsificata, quindi la domanda non è nemmeno partita” racconta a Stranieriinitalia.it Nadia Bovino, dello sportello immigrazione del Naga. Anche le domande presentate davvero non sono andate in porto, perché per uno stesso datore di lavoro ne sono partite più di quelle consentite dalla legge : “Ogni famiglia poteva regolarizzare al massimo una colf o due badanti. Le domande in più vengono automaticamente rigettate ” spiega Bovino.
Ma i datori di lavoro erano complici della truffa? “Alcuni sì, altri no. Abbiamo diversi casi di datori che si sono fatti aiutare da qualcuno per presentare una ‘vera ‘domanda di regolarizzazione, ma poi i loro dati sono stati utilizzati per presentare altre domande false. Quando è arrivata la convocazione allo Sportello Unico sono cascati dalle nuvole e si sono rivolti alla Polizia” aggiunge l’esperta del Naga.
Tra i falsi datori ce ne sono quindi anche alcuni in buona fede, mentre è difficile considerare gli immigrati truffati solo come vittime ingenue: di fatto, hanno pagato una dichiarazione falsa per rientrare in una regolarizzazione alla quale non avevano diritto. Il fatto che questo fosse l’unico modo per mettersi in regola dopo anni di lavoro nero e sfruttamento è una giustificazione che alla legge italiana interessa poco.
I truffati hanno una via d’ uscita? “Non ne vedo. Chi si è rivolto alla Polizia per denunciare gli intermediari ha rimediato un’espulsione e chi ha fatto presentare denuncia a un avvocato di fiducia ha pochissime speranze di ottenere un permesso per motivi di giustizia. Eppure – denuncia Nadia Bovino – tanti avvocati indicano questa strada prospettando poi una conversione del permesso per giustizia in permesso di lavoro, che invece non è prevista dalla legge”.
Elvio Pasca
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