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Regolarizzazione. “Lavoratori ricattabili se non possono presentare la domanda”

L’Asgi punta il dito contro i punti critici dell’emersione, come i documenti sulla presenza in Italia, il no ai part-time e le cause ostative. “Il governo intervenga con un nuovo decreto”

Roma – 20 agosto 2012 – “Gli stranieri aiutano lo Stato italiano a risanare la finanza pubblica, ma non hanno diritto ad una effettiva regolarizzazione”. Tanti i limiti della nuova regolarizzazione secondo l’Associazione Studi giuridici sull’immigrazione, che li elenca tutti in un dettagliato documento e chiede al governo di intervenire con un decreto per correggere il tiro.

 

L’Asgi parte dalla constatazione che “l’ordinario ricorso a strumenti eccezionali” è dovuto all’inadeguatezza del  meccanismo dei flussi di ingresso: quote insufficienti, che arrivano in ritardo e comunque presuppongono che imprese e famiglie assumano a distanza persone che non conoscono di persona. “Sono il sistema legislativo e la cattiva volontà politica che oggettivamente creano le condizioni per l’ingresso e il soggiorno in Italia di migliaia di stranieri irregolari, per i quali poi vengono fatte le leggi di regolarizzazione”.

Entrando nel merito della procedura che si partirà a settembre, l’associazione evidenzia numerosi punti critici.

“Innanzitutto – si legge nel documento scritto dal consiglio direttivo – è un grave errore non avere posto su un piano di parità i datori di lavoro ed i lavoratori, prevedendo che soltanto i datori di lavoro abbiano la facoltà di chiedere la regolarizzazione”. Una scelta “incomprensibile e discriminatoria” perché “lascia il lavoratore in una condizione di subalternità e di ricattabilità, oltre a non attribuirgli alcuna dignità di soggetto giuridico”.

“Irragionevole” anche dover dimostrare la presenza in Italia al 31 dicembre 2011 attraverso documenti rilasciati da organismi pubblici. Questa scelta lascerà “fuori dai benefici un gran numero di lavoratori stranieri” e sembra incostituzionale, perchè crea una distinzione “tra lavoratori stranieri che si trovano nella medesima condizione giuridica, distinguendo tra coloro che sono rimasti del tutto invisibili da coloro che possono disporre di un documento pubblico soltanto per ragioni casuali”, ad esempio perché hanno ricevuto prestazioni sanitarie.

L’Asgi ritiene poi che i limiti di reddito per i datori di lavoro non possa essere fatta con un decreto interministeriale, ma andava fissata dalla legge. Sbagliata anche la preclusione alla regolarizzazione per i part-time (tranne che le lavoro domestico), anche se, sommando rapporti con datori diversi, si arriva a un tempo pieno. Questo mentre “i rapporti a tempo parziale rappresentano una fetta consistente del mercato del lavoro in Italia, soprattutto in tempi di crisi”.

Infine, l’associazione punta il dito contro le cause ostative riferite ai lavoratori stranieri. Tra queste, la segnalazione di inammissibilità fatta da altri Stati Schengen in seguito a un’espulsione, che penalizzerebbe gli espulsi da altri stati europei rispetti a chi è stato espulso in Italia. Inoltre, le condanne penali e la pericolosità sociale andrebbero valutate caso per caso, tenendo conto anche di elementi come la durata della presenza in Italia o l’esistenza di legami familiari.

Asgi chiede quindi al governo di emanare “in tempi rapidi un provvedimento legislativo che modifichi le criticità, rendendo effettiva la regolarizzazione”. Ma anche di iniziare a discutere “una seria riforma” del Testo Unico sull’Immigrazione.

EP

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