Roma – 17 luglio 2012 – Imprese e famiglie non incorreranno nelle sanzioni previste per chi dà lavoro a immigrati irregolari e, in generale, per i rapporti “in nero”. Gli immigrati che sono alle loro dipendenze otterranno un permesso di soggiorno.
È il succo della regolarizzazione prevista da una “disposizione transitoria” inserita nel decreto legislativo approvato il sei luglio scorso dal Consiglio dei ministri per recepire la direttiva 2009/52/CE. Il testo (che Stranieriinitalia.it anticipa qui) è stato già firmato dal Capo dello Stato e arriverà tra qualche giorno in Gazzetta Ufficiale.
I requisiti
La dichiarazione di emersione potrà essere presentata dal 15 settembre al 15 ottobre dai datori italiani, comunitari o extracomunitari titolari di carta di soggiorno (permesso ce per soggiornanti di lungo periodo) che, all’entrata in vigore del decreto legislativo, occupano da almeno tre mesi lavoratori stranieri irregolari. Il rapporto di lavoro deve essere a tempo pieno, tranne che nel caso dei lavoratori domestici, per i quali è ammesso anche un part-time da almeno venti ore settimanali.
I lavoratori stranieri dovranno però anche dimostrare, attraverso “documentazione proveniente da organismi pubblici” di essere in Italia almeno dal 31 dicembre 2011. Una norma introdotta per evitare l’effetto richiamo di altri clandestini dall’estero, ma che potrebbe complicare la vita a molti irregolari che, per forza di cose, sono invisibili.
Gli esclusi
Non sono ammessi datori di lavoro condannati negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per tratta o sfruttamento di prostituzione e minori, per caporalato o per aver dato lavoro a immigrati irregolari. Niente da fare anche per chi in passato ha presentato una domanda per i flussi o per altre regolarizzazioni e poi non ha assunto il lavoratore.
Sono esclusi gli immigrati espulsi per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato e quelli condannati, anche con sentenza non definitiva, per uno dei reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale. Regolarizzazione vietata anche per chi è segnalato come “non ammissibile” in Italia, e per chi è considerato, anche in base a condanne non necessariamente definitive, una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dell’Italia o di altri paesi dell’area Schengen.
Mille euro
L’emersione costerà ai datori di lavoro mille euro per ogni lavoratore da regolarizzare, soldi che non potranno dedurre dall’imposta sul reddito e che vengono considerati un “contributo forfettario”. Al momento della stipula del contratto di soggiorno dovranno inoltre dimostrare di aver versato regolarmente retribuzione, tasse e contributi per almeno sei mesi o, se, superiore, per tutta la durata del rapporto di lavoro.
Per avere un quadro completo della procedura bisognerà aspettare qualche settimana. Entro venti giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo, un decreto interministeriale definirà infatti le modalità della dichiarazione di emersione (che sarà probabilmente telematica), quelle del versamento del contributo forfetario, i limiti di reddito del datore di lavoro e altri dettagli.
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Elvio Pasca