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Regolarizzazione, i nuovi criteri per ripescare le domande bocciate

A Brescia c’era stato il 70% di bocciature perché la prefettura era stata troppo rigida. Ora le regole sono cambiate ed entro il 30 maggio gli interessati potranno chiedere un riesame

 

Brescia – 27 aprile 2016 – L’ultima regolarizzazione risale al 2012, eppure, quattro anni dopo, ci sono ancora immigrati che in quella regolarizzazione videro l’opportunità di vivere finalmente alla luce del sole, ma ancora non sanno se potranno mettersi finalmente in tasca un permesso di soggiorno

Tanti sono a Brescia, dove la prefettura aveva adottato criteri più restrittivi che nel resto d’Italia.  Tra prove di presenza non accettate, contributi non versati e datori di lavoro che avevano sconfessato le loro stesse dichiarazioni, furono bocciate il 70% delle domande.

Troppe, anche per lo stesso ministero dell’Interno, che dopo le proteste di associazioni e sindacati e con l’aiuto di un parere del Consiglio di Stato, aveva giudicato ingiuste molte di quelle bocciature e un anno fa aveva autorizzato un riesame delle domande su richiesta degli interessati. Non solo a Brescia, ma anche nel resto d’Italia. 

A Brescia però, epicentro del problema, la prefettura ha modificato e reso noti a più riprese i criteri per il ripescaggio. Stamattina, sul suo sito internet ha pubblicato il quarto “atto di indirizzo definitivo”, fissando al 30 maggio 2016 il termine ultimo per chiedere il riesame delle domande. 

Il documento interviene, tra le altre cose, sulla prova di presenza in Italia dal 2011, che era uno dei requisiti per regolarizzarsi. Dice ad esempio che verranno accettati certificati medici rilasciati da medici di base o convenzionati, ma anche tessere di iscrizione ai sindacati e persino documenti rilasciati da parrocchie o da ministri di culti non cattolici in base a ciò che risulta nei loro archivi (matrimoni, corsi di italiano ecc.) 

Se il datore o il lavoratore non si sono presentati, dopo una prima convocazione, a depositare documenti o a stipulare il contratto di soggiorno, potranno essere convocati di nuovo. Una terza convocazione ci sarà solo “in casi eccezionali”. 

Altro fronte caldo è quello relativo al versamento dei contributi. Secondo la prefettura, per attestare la veridicità del rapporto di lavoro, bastano i mille euro di contributo forfettario e i sei mesi di contributi previdenziali, anche se questi ultimi sono stati pagati in ritardo, dopo la cessazione del rapporto di lavoro (in questo caso viene rilasciato un al lavoratore un permesso di soggiorno per attesa occupazione).

A questi nuovi criteri se ne aggiungono diversi altri, tutti elencati nel documento pubblicato dalla Prefettura. Vale la pena dargli un’occhiata, potrebbe essere l’ultima chance di mettersi in regola. 

EP

 

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