Lettera al Commissario Ue Barrot. "Nessuno dei respinti ha chiesto protezione"
Bruxelles – 25 settembre 2009 – Nessuno dei migranti fermati nel mediterraneo e riaccompagnati in Libia dalle motovedette italiane ha chiesto protezione. Durante i respingimenti non è stato quindi violato il diritto d’asilo.
È la linea esposta dal governo in una lettera inviata l’8 settembre al commissario europeo alla Giustizia Jacques Barrot, dopo che questo aveva chiesto chiarimenti sui respingimenti. Quattro pagine in cui si ribadisce, stando agli stralci pubblicati da Adnkronos, che "le iniziativa di riconduzione in Libia dei clandestini sono state effettuate in conformità al vigente quadro normativo interno e internazionale".
In particolare, "si comunica che l’Italia, nel corso delle suddette operazioni, ha sempre operato in conformità al principio del ‘non refoulement’ (non respingimento, n.d.r.), poiché non ha negato ai clandestini intercettati la possibilità di chiedere asilo”.
“E’ stato riferito dai responsabili delle forze intervenute che, durante le operazioni di soccorso in alto mare, durate in media circa 10 ore, i suddetti stranieri non hanno chiesto alcuna forma di protezione internazionale, ne’ fatto sapere di essere perseguitati nel loro paese". Inoltre, si legge ancora nella lettera, "il personale che opera a bordo delle unità navali italiane ha sempre dimostrato alta professionalità e competenza tecnica, riconosciuta pubblicamene attraverso numerosi apprezzamenti ufficiali, anche in tema di protezione internazionale".
Un chiarimento che però non esaurisce tutti gli interrogativi, soprattutto alla luce dei racconti di alcuni dei respinti in Libia. I migranti sono stati interrogati uno a uno? Come avrebbero potuto chiedere protezione? C’erano degli interpeti a bordo delle motovedette?
Il governo ricorda poi che il “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione” prevede che i due paesi “agiscano conformemente… agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo". Inoltre, spiega ancora la lettera, "La Libia, pur non avendo aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951 sullo statu di rifugiato, ha ratificato la Convenzione dell’Unione Africana del 1969 sui rifugiati in Africa. Detto Trattato impegna la Libia a garantire protezione non solo ai perseguitati, ma a tutti coloro che provengono da aree geografiche a rischio".
Alla luce di queste considerazioni, l’esecutivo difende i respingimenti, “un deterrente significativo nei confronto delle organizzazioni criminali dedita al traffico di esseri umani. Da tali azioni e’ conseguita una riduzione di oltre il 90% degli sbarchi di clandestini sulle coste italiane, operando così anche la salvaguardia di molti vite, in mare, che le inumane condizioni di trasporto clandestino pongono a grave rischio".
Il governo, conclude la lettera, "sostiene la necessità di un maggiore impegno comunitario anche finalizzato a sostenere il governo libico, pure dal punto di vista finanziario, sia nell’azione di prevenzione di traffici di immigrazione clandestina, sia nel raggiungimento di standard europei per quanto attiene alla politica di asilo".