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Respingimenti: il governo dovrà rispondere alla Corte Europea

Strasburgo ritiene fondato il ricorso dell’Unione forense. "Violata la convenzione dei diritti dell’uomo"
Roma – 30 novembre 2009 – "Il Governo italiano è stato  chiamato a rispondere davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo sui respingimenti collettivi di migranti verso la Libia. Si tratta di un passaggio decisivo verso il ristabilimento dei diritti fondamentali".

Lo afferma Anton Giulio Lana, consigliere dell’Unione  forense per la tutela del diritti dell’uomo, che, assieme all’avvocato Andrea Saccucci, rappresenta 24 somali ed eritrei intercettati in  mare aperto il 6 maggio scorso e respinti verso la Libia.        "La Corte – spiega il legale –  ha rinvenuto elementi di fondatezza nel nostro ricorso -continua Lana- così che lo stesso e’ stato formalmente comunicato al Governo. Va considerato che il circa il 95% dei ricorsi presentati non supera questa prima fase".       

Secondo l’Unione forense, il respingimento di somali ed eritrei viola l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (divieto della tortura) e della relativa giurisprudenza della Corte, secondo cui tale divieto comporta l’obbligo degli Stati aderenti di non espellere o respingere persone verso Stati dove rischiano di essere sottoposte a pratiche lesive della loro integrità psico-fisica. In Libia queste persone rischierebbero di subire maltrattamenti nei centri di detenzione e di essere rimpatriati senza poter avvalersi della protezione offerta dalla Convenzione di Ginevra relativa sui rifugiati, alla quale la Libia non ha aderito.

Sarebbe stato inoltre violato l’articolo 13 della Convenzione (diritto ad un ricorso effettivo), perché le autorità italiane avrebbero impedito ai migranti respinti la presentazione di una richiesta d’asilo, e l’articolo 4 del protocollo IV aggiuntivo alla Convenzione (divieto di espulsioni collettive di stranieri), dato che gli immigrati sono stati respinti in Libia senza essere identificati, senza che le loro generalità fossero accertate e senza essere oggetto di un provvedimento individuale di respingimento.

"Alle autorità italiane e’ stato concesso un lasso di tempo di  circa 3 mesi per rispondere, poiché le violazioni contestate sono di  particolare gravità. Si tratta -conclude Lana- del divieto di  tortura, cui spesso i migranti sono soggetti in Libia, e del divieto  di espulsioni collettive, senza preventivo accertamento dell’identità dei migranti e del loro eventuale diritto d’asilo".        

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