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Respingimenti in Libia: critiche anche dal Vaticano

Marchetto: "Violate le norme internazionali". La Cei contro il reato di clandestinità

Roma – 8 maggio 2009 – Insieme all’Alto commissariato Onu per i rifugiati, anche il Vaticano punta il dito contro il respingimento in Libia dei 227 clandestini soccorsi mercoledì nel canale di Sicilia.

Secondo il segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, Monsignor Agostino Marchetto, l’operazione ”ha violato le norme internazionali sui diritti dei rifugiati”.

”La normativa internazionale, alla quale si e’ appellata anche l’Onu – ha spiegato oggi il prelato – prevede che i possibili richiedenti asilo non siano respinti, e che, fino a che non ci sia modo di accertarlo, tutti i migranti siano considerati ‘rifugiati presunti””. ”Capisco che gli attuali flussi misti complicano le cose anche per i governi – ha detto Marchetto – ma c’e’ bisogno comunque di rendere operative le norme concordate e riaffermate più volte nelle sedi internazionali”.

Marchetto ha anche attaccato la norme del ddl sicurezza (già ritirate dal governo) che prevedevano denunce dei clandestini negli ospedali e l’esibizione del permesso di soggiorno per l’iscrizione di figlia scuola, definendole ”una evidente violazione dei diritti fondamentali della persona”. A pesare, secondo il segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti, è la ”criminalizzazione degli emigranti irregolari”, definita una sorta di “peccato originale’.

I vescovi: "Modificare il reato di clandestinità"
Intanto, i vescovi italiani rimangono critici sul reato di clandestinità, uno dei capisaldi del ddl sicurezza. ”Se questo presunto reato di  clandestinita’ non viene in qualche modo modificato, subiremo delle  conseguenze notevoli non soltanto per quanto riguarda gli immigrati,  ma anche per quanto riguarda i diritti fondamentali" ha detto oggi ai microfoni della ‘Radio Vaticana’  Gianromano Gnesotto, responsabile immigrazione della Fondazione  Migrantes della Cei.

Il problema, ha spiegato il sacerdote, è che se  si procede in questa direzione non solo avremo dei cittadini di serie  B, "ma persone che non vengono tutelate e alle quali determinati  diritti fondamentali vengono di fatto negati. Quindi, piu’ che  cittadini di serie B, qui si tratta di una discriminante tra persone e non-persone".

"Ora – ha aggiunto – mi pare che il grande snodo culturale che  in qualche modo e’ terremotato, qui in Italia, e’ appunto quello di  guardare all’immigrato primariamente come ad una persona, in quanto  tale depositaria di diritti fondamentali che non possono essere  assolutamente negati perche’ togliere i diritti ad alcune persone, in  qualche modo impoverisce tutti!".

Secondo Gnesotto, si potrebbe cercare una "via di mezzo",  distinguendo "tra coloro che entrano nel territorio dello Stato  sottraendosi ai controlli di frontiera, e coloro che, invece, essendo  entrati anche regolarmente nel territorio e poi, per molte ragioni,  hanno visto il loro permesso non rinnovato e in quanto tali,  irregolari, ecco, per questi bisognerebbe avere forse un occhio  particolare senza l’applicazione di questa fattispecie di reato".     
 

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