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Riccardi: “Per l’Italia non c’è crescita senza gli immigrati”

Il ministro dell’Integrazione sui dati del Dossier Caritas. “Occasione sprecata sulla riforma della cittadinanza. Il governo ha rinnovato il linguaggio, ma pesa la frammentazione delle competenze”

Roma – 30 ottobre 2012 – “Il dossier dimostra che  in Italia non c’e’ nessuna ‘invasione’ di immigrati. Ma al di là  delle cifre, che pure contano, il punto fondamentale e’ che assistiamo a una netta stabilizzazione degli immigrati: si e’ conclusa la  stagione degli arrivi crescenti e si e’ aperta una stagione diversa  con una presenza più stabile di chi pensa al proprio futuro in  Italia. Cala così il sipario su chi vedeva l’immigrazione come una  sorta di invasione barbarica e sulla divisione fra chi voleva salvare  l’identità italiana e chi era di buon cuore…”.

 

Lo ha detto stamattina il ministro per l’Integrazione Andrea Riccardi intervenendo a Roma alla presentazione del Dossier statistico sull’immigrazione di Caritas e Migrantes. “L’immigrazione – ha spiegato – è un tema  vitale, una autentica questione nazionale. Del resto è come aver aggiunto al Paese una sorta  di macro regione di 5 milioni di abitanti: cose che un tempo potevano  accadere soltanto con una guerra. E’ senza dubbio un fatto storico”.

“La realtà  dell’immigrazione – ha sottolineato il ministro – è un fenomeno da assumere sempre più come  costitutivo del nostro Paese, anche nella convinzione che non ci sarà crescita senza l’apporto e l’integrazione degli immigrati. La loro  presenza ora è più giovane ed è un asse portante nel mondo del  lavoro: bisogna prendere atto che l’economia italiana è cambiata e  bisogna uscire dalla logica di un’ottica emergenziale, troppo spesso  legata al paradigma di Lampedusa e non alla scuola, alla famiglia, al  lavoro”.

Riccardi si è detto “preoccupato per il fatto che gli immigrati più  apprezzati e più inseriti lascino l’Italia per altri Paesi europei,  per un difetto di integrazione: se ne vanno, perché si sentono  trattati da stranieri”. E ha ribadito che  “in tema di  riconoscimento della cittadinanza e’ oramai antiquato lo ‘ius  sanguinis’ non più in grado di rispondere alle reali necessità. Peccato  che in questa legislatura si sia creata una impasse parlamentare. Abbiamo perso un’occasione”.

Il ministro difende la regolarizzazione. “Non dobbiamo aver  paura del rigore della legge sul lavoro nero e abbiamo aperto una  opportunità. Prima c’e’ stato chi ha gridato all’invasione, poi chi  ha gridato al flop… Io sono contento che nel ravvedimento operoso la casa e la famiglia hanno avuto un gran ruolo e il clima si è disteso”.

Secondo Riccardi il governo ha il merito di  aver “contribuito a cambiare di molto il discorso pubblico nel nostro  Paese sull’immigrazione. Sarebbe stato perfino meglio -ironizza- se in passato ci si fosse limitati anche solo a tacere anziché a parlare in un certo modo. Questo compiuto e’ stato un salto importantissimo, non  dimenticando mai che l’integrazione non va solo invocata ma anche  costruita. Il governo ha contribuito almeno al rinnovamento del linguaggio”.

Il ministro, le cui competenze spesso si incrociano con quelle dei colleghi  dell’Interno, degli Esteri, dell’Istruzione e del Welfare, punta però anche il dito contro “la disseminazione delle  competenze sul tema dell’immigrazione”, a causa della quale “una cultura nuova di  governo del fenomeno fatica vedere la luce. C’e’ troppa  frammentazione, mentre al contrario servirebbe un lavoro comune e unitario”.

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