STRASBURGO, 19 aprile 2013 – La Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato irricevibile il ricorso presentato da una donna somala, anche a nome dei suoi figli, contro il rinvio in Italia dall'Olanda.
La Corte ritiene che la donna non abbia dimostrato che il rinvio in Italia, in base al regolamento dell'Unione europea, detto di Dublino, esporrebbe lei e i suoi figli al rischio di trattamenti inumani e degradanti. La Corte ha rigettato il ricorso della richiedente asilo di non essere rinviata in Italia sostenendo che la donna non ha fornito elementi per provare che il suo ritorno nel nostro Paese sottoporrebbe lei e i figli a un trattamento inumano e degradante. Al contrario, dai documenti presentati dal governo italiano emerge che al suo arrivo in Italia la donna e' stata presa in carico da un centro di accoglienza, e che in seguito le autorita' italiane, accettata la sua domanda di richiedente asilo, le hanno concesso un permesso di soggiorno della durata di tre anni, che le ha permesso di beneficiare dell'assistenza sociale e sanitaria.
Inoltre la Corte rileva che da tutti i rapporti ricevuti dal governo e dalle organizzazioni non governative risulta che in Italia le procedure per l'accoglienza dei richiedenti asilo, malgrado certe carenze, non presentano alcuna lacuna. Infine la Corte afferma che il governo olandese ha assicurato che dara' un preavviso a quello italiano prima di trasferire la donna e i suoi figli in modo che le autorita' abbiano la possibilita' di organizzarsi per il loro arrivo.
CIR, NON STRUMENTALIZZARE VICENDA DONNA SOMALA
La sentenza odierna della Corte di Strasburgo non sia strumentalizzata per dire che da noi va tutto bene nella gestione dei profughi e dei richiedenti asilo: e' il commento del direttore del Consiglio Italiano Rifugiati (Cir), Christopher Hein. Secondo la Corte europea, infatti, la condizione generale dei richiedenti asilo in Italia non presenta falle sistemiche di severita' tale da far temere che un riaffidamento al nostro Paese della donna violerebbe i diritti umani fondamentali.