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Richiedenti asilo, Inca: “Troppi problemi con il codice fiscale provvisorio”

Non permette di stipulare contratti di lavoro e di beneficiare dei servizi sociali. Il patronato scrive a Inps e Agenzia delle Entrate, ma minaccia anche azioni giudiziarie

 

Roma – 13 dicembre 2016 – Migliaia di profughi non possono lavorare regolarmente, né accedere ai servizi sociali. Non perché non ne abbiano diritto, ma perché hanno un codice fiscale provvisorio che non funziona.

L’Inca Cgil, in una lettera inviata oggi all’Agenzia delle Entrate e all’Inps, denuncia i forti disagi e le incongruenze legate al codice composto di soli numeri che dallo scorso anno viene assegnato a chi chiede asilo in Italia, fino all’accoglimento o alla bocciatura della domanda. Un tema sul quale qualche settimana fa si erano fatte sentire anche dieci associazioni che si occupano di rifugiati. 

Il patronato della Cgil punta il dito soprattutto contro i tempi di attesa per trasformare il codice fiscale provvisorio (numerico) in definitivo (alfanumerico) e contro i software che, non comunicando tra loro, inducono l’Inps a respingere le domande di riconoscimento delle prestazioni di welfare dei rifugiati. 

“La nuova prassi – scrive l’Inca – prevede che la trasformazione del codice fiscale provvisorio numerico in alfanumerico definitivo (come quello in possesso di tutti gli italiani) possa avvenire solo in caso di determinazione favorevole da parte della Commissione Territoriale per protezione internazionale, cioè a dire dopo molti mesi, sovente più di un anno, dal momento della presentazione della domanda di protezione. La situazione risulta poi ancora più grave nei casi, abbastanza frequenti, in cui il riconoscimento del diritto alla protezione internazionale avvenga solamente in sede giudiziaria, quindi a distanza di almeno due o tre anni dal momento della formalizzazione della domanda”.

Tempi lunghissimi e ingiustificati, fa notare il patronato, tanto più in considerazione del fatto che oggi uno straniero residente all’estero può andare in un consolato italiano e chiedere, se ne ha bisogno, il codice fiscale alfanumerico. Viene rilasciato, per esempio, ai figli a carico che gli immigrati hanno lasciato nel Paese d’Origine e per i quali chiedono detrazioni fiscali quando fanno la dichiarazione dei redditi.

Per l’Inca, considerando il diritto dei rifugiati di ottenere pari dignità nell’accesso ai servizi di welfare e al lavoro, riconosciuto da normative nazionali e internazionali, occorre rivedere la procedura. Si dovrebbe usare il premesso provvisorio solo tra la verbalizzazione della domanda d’asilo e il rilascio del permesso di soggiorno, insieme al quale dovrebbe arrivare il codice alfanumerico definitivo. Oppure, è l’altra proposta del patronato, andrebbero adeguati programmi e moduli informatici per consentire anche a chi ha solo il codice fiscale provvisorio di accedere alle prestazioni e ai servizi dell’Inps. 

Nel dichiararsi disponibile a trovare soluzioni condivise, l’Inca avverte che “in caso di omesso puntuale e integrale riscontro su questi punti, saranno esperiti i rimedi di legge, compreso l’avvio delle azioni giudiziarie che saranno reputate opportune”. 

Stranieriinitalia.it

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