Roma – 25 settembre 2013 – Che fine ha fatto la riforma della cittadinanza? Continua ad essere una argomento caldo del confronto politico, ma il Parlamento non se ne occupa concretamente da quasi tre mesi e non ce n’è traccia nel calendario di settembre e ottobre.
Risale al 4 luglio l’ultima seduta della Commissione Affari costituzionali della Camera con all’ordine del giorno i progetti di legge che vogliono cambiare le regole per diventare italiani. Sono quasi una ventina, presentati da maggioranza e opposizione, abbinati nella speranza che si arrivi a un testo condiviso da sottoporre in Aula.
A condurre in porto questa impresa dovrebbero essere i due relatori scelti dalla Commissione: Gianclaudio Bressa, del Partito Democratico, e la collega del Popolo della Libertà Annagrazia Calabria. Il deputato del Pd spiega a Stranieriinitalia.it che si rimetteranno presto al lavoro: “Finora la Commissione è stata oberata dalle conversioni in legge di decreti del governo, a ottobre ci sarà spazio e tempo per riprendere la discussione sulla riforma. Spero che a novembre potremo portare una proposta in Aula”.
Qual’è il terreno sul quale realisticamente si riuscirà a trovare un’intesa? “Ci sono le condizioni per riscrivere le regole per i minori. Mi sembra invece difficile che riesca a passare una riforma complessiva, che tagli i tempi e definisca nuove norme anche per gli adulti, passando ad esempio, come proponiamo da sempre noi del Pd, da una concessione della cittadinanza a un’attribuzione, quindi al riconoscimento di un diritto soggettivo a diventare italiani”.
Se davvero da questa legislatura usciranno novità importanti, insomma, saranno dedicate alle cosiddette seconde generazioni. Ragazzi e ragazze cresciuti di qui ma considerati finora dalla legge come se fossero immigrati. Del resto anche dalla Lega Nord, tradizionalmente contraria a una riforma, è arrivata un’inaspettata apertura con la proposta di Luca Zaia di far diventare italiani a otto anni i bambini nati in Italia.
“La chiave dell’intesa – prevede il relatore – sarà probabilmente uno ius soli attenuato, nel quale la formazione scolastica avrà un ruolo fondamentale”. È il principio ispiratore che qualcuno, come l’ex ministro dell’Integrazione Andrea Riccardi, chiama ius culturae, e in effetti in diverse delle proposte in discussione si prevede che i bambini stranieri diventino italiani al termine di un ciclo di istruzione, come la scuola elementare.
Bressa è un veterano della materia: fu relatore della riforma della cittadinanza già nel 2006, sotto il governo Prodi, e alcuni dei testi al vaglio della Commissione, come quello di iniziativa popolare della campagna L’Italia sono anch’io, ricalcano ampiamente una sua vecchia proposta di legge. Stavolta, è ottimista.
“Credo che in questi anni sia maturata una piena consapevolezza del problema. Abbiamo la speranza che la forza dei fatti e l’atteggiamento della nuova classe dirigente ci consenta di arrivare al risultato. È però importante – ammonisce – che non si accendano troppo i riflettori e che possiamo confrontrarci con la giusta serenità, evitando che un tema così importante alimenti ancora lo scontro e la propaganda”.
Elvio Pasca