Roma – 30 ottobre 2013 -Il Comune di Roma ha portato avanti un sistema a doppio binario di assegnazione degli alloggi che sta negando a migliaia di rom l’accesso a un alloggio adeguato.
Lo sostiene Amnesty International, che oggi ha pubblicato il rapporto “Due pesi e due misure: le politiche abitative dell’Italia discriminano i rom”. Al suo interno si denuncia che oltre 4000 rom residenti nei campi autorizzati di Roma subiscono “una discriminazione sistematica, anche quando fanno domanda di assegnazione di un alloggio pubblico”.
“Il Comune di Roma sta tenendo migliaia di rom ai margini della società. Il sistema di assegnazione degli alloggi pubblici e’ congegnato e attuato in modo tale da condannare migliaia di rom, per semplici ragioni di etnia, a vivere in strutture segregate, al di sotto degli standard, in campi lontani dai servizi e dalle aree residenziali. Questa e’ una macchia per la città di Roma” – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International.
“Cio’ avviene con la tacita complicita’ del governo italiano, che a livello nazionale non sta garantendo uguale accesso agli alloggi pubblici per tutti, in chiara violazione dei suoi obblighi internazionali di eliminare la discriminazione, ai sensi del diritto internazionale come di quello dell’Unione europea, e di realizzare il diritto a un alloggio adeguato” ha proseguito Dalhuisen.
A seguito degli sgomberi forzati, scrive l’organizzazione umanitaria, i rom sono stati trasferiti in container e roulotte all’interno di campi segregati, sovraffollati e recintati, costruiti e gestiti dalle autorita’ comunali. Questa circostanza limita profondamente le possibilita’ d’integrarsi in una comunita’ piu’ ampia e di trovare un impiego regolare.
"La vita nei campi? Come stare in prigione"
Amnesty ha raccolto diverse testimonianze, come quella di Miriana Halilovic, cittadina italiana e madre di quattro figli. Dopo lo sgombero forzato da un campo informale nel 2010, la famiglia e’ stata trasferita in una piccola roulotte nel campo autorizzato di Salone. “Quando ci hanno trasferito dal Casilino 900, ci hanno detto che sarebbe stato per poco tempo. Adesso sono tre anni e mezzo che sto qui. Perche’ non abbiamo una casa? Che devo dire a mio figlio? Che gli altri sono meglio di noi?”. La signora Halilovic e’ in attesa dell’esito della sua domanda di un alloggio pubblico.
Hanifa, 23 anni, vive da tre anni nel campo autorizzato di Castel Romano con suo marito e cinque figli. “Hanno tolto la fermata dell’autobus. E’ come stare in prigione. Se non hai l’automobile puoi anche morire di fame!” racconta. Georgescu Vassile, panettiere, e’ arrivato in Italia dalla Romania nel 1999 con sua moglie: “Ho fatto domanda – spiega – per un alloggio pubblico nel 2011, avevo otto punti nella vecchia graduatoria, troppo pochi. Siamo tre famiglie in un container, compresi i miei due figli, le loro mogli e tre nipoti. Abbiamo pensato a una casa in affitto ma e’ troppo difficile. Per 11 persone, dovremmo pagare 1000 euro. Se ci aggiungi le spese, arrivi a 1500 euro. Non possiamo farcela. Abbiamo solo due stipendi”.
Nonostante le loro povere condizioni di vita, per oltre un decennio i criteri per dare priorita’ alle domande di alloggio popolare hanno effettivamente impedito ai rom di accedervi. Il richiedente doveva dimostrare di essere stato legalmente sfrattato da un alloggio privato in affitto, cosa impossibile per i rom residenti nei campi o sgomberati con la forza da questi ultimi.
Rom e case popolari
Alla fine del 2012, e’ stato introdotto un nuovo criterio per dare priorita’ alle persone che si trovavano in gravi condizioni di svantaggio, ospitati a titolo provvisorio in strutture fornire da enti caritatevoli o dallo stesso Comune di Roma. Quando i rom residenti nei campi hanno iniziato a presentare domande, l’amministrazione municipale si e’ affrettata a chiarire, con una circolare, che quel criterio non si applicava nei loro confronti.
Nel 2008 l’ex sindaco di Roma adotto’ il ‘Piano nomadi’ con l’obiettivo di chiudere gli insediamenti informali dei rom e trasferirne gli occupanti in campi autorizzati per soli rom. Il piano, parzialmente attuato, ha comportato sgomberi forzati per centinaia di rom. Molti rom sono stati lasciati senza speranza, condannati a una vita di segregazione, poverta’ ed esclusione sociale.
“Il ‘Piano nomadi’ ha comportato costosi spostamenti di famiglie e ha completamente mancato di affrontare le necessita’ abitative dei rom e la piu’ ampia questione della loro integrazione sociale. Anche il governo nazionale ha chiaramente riconosciuto che grandi campi segregati hanno rovinato la vita di generazioni di rom”– ha sottolineato Dalhuisen.
Lunedì scorso, nel corso di un incontro con Amnesty International, la nuova amministrazione di Roma si è impegnata ad annullare la circolare discriminatoria e ha comunicato la cessazione del Piano Nomadi. Passi avanti importanti secondo l’organizzazione umanitaria, che, sottolinea, “non sta chiedendo che ai rom che vivono nei campi di Roma venga data priorita’ nell’accesso alla limitata disponibilita’ di alloggi pubblici della capitale” , ma “che abbiano uguale accesso, senza tener conto della loro etnia”
“Amnesty International difende il diritto a un alloggio adeguato per tutti e sollecita il Comune di Roma, così come il governo nazionale, a fare tutto il possibile per accrescere la disponibilità di alloggi pubblici per le migliaia di famiglie della capitale che hanno disperato bisogno di un’abitazione’ – ha proseguito Dalhuisen.
"L'Italia discrimina"
Circa meta’ dei rom in Italia e’ costituita da cittadini italiani. Altri sono riconosciuti come rifugiati dall’ex Jugoslavia, sono immigrati provenienti per lo piu’ dalla Romania o dai Balcani o apolidi, riconosciuti o di fatto.
“I rom sono parte integrante della societa’ italiana. Eppure, restano tra coloro che sono piu’ gravemente colpiti da condizioni abitative profondamente inadeguate e da una diffusa discriminazione a Roma come in molte altre citta’ italiane” ha aggiunto Dalhuisen.
Le autorita’ locali e nazionali sono obbligate a realizzare il principio di non discriminazione. La segregazione delle famiglie rom nei campi potra’ terminare solo quando esse potranno accedere in condizioni di uguaglianza ad altre forme di alloggio, compresi gli alloggi pubblici.
“Non puo’ esservi alcuna scusa o giustificazione per le politiche discriminatorie in materia di alloggio. Il governo italiano deve rivedere le leggi e le prassi in materia di alloggio e rimuovere tutti gli ostacoli che discriminano i rom e li tengono intrappolati nei campi. Se le autorita’ italiane non agiranno immediatamente in modo adeguato e continueranno invece a violare la legislazione antidiscriminazione dell’Unione europea in modo cosi’ clamoroso, sara’ piu’ urgente che mai che la Commissione europea apra una procedura d’infrazione contro l’Italia” ha concluso Dalhuisen.