Roma – 28 gennaio 2015 – Sono un pezzo d'Italia, li chiamano zingari. Percepiti come stranieri, discriminati e ghettizzati nel Paese dove vivono sin dal Medio Evo. I rom e i sinti italiani, almeno 70 mila quelli che hanno la cittadinanza tricolore, ora dicono basta e chiedono che la loro lingua e la loro cultura vengano tutelate al pari quelle di tante altre minoranze, dai sardi ai ladini, dagli Arbëreshë agli sloveni.
La strada scelta dalla Federazione Rom e Sinti Insieme, con l'appoggio di associazioni, partiti e sindacati, è una proposta di legge di iniziativa popolare che vuole includere la minoranza Romanì, tra quelle tutelate dalla legge 482/1999. Questo garantirebbe diritti come quello allo studio, all’insegnamento della lingua e diffusione della cultura.
In ballo, spiegano i promotori, ci sono gli articoli 3 e 6 della Costituzione, che garantiscono uguaglianza davanti alla legge, senza distinzione di sesso, etnia, lingua e religione, tutelando le minoranze linguistiche con apposite norme. Si vogliono poi contrastare ogni forma di discriminazione e pregiudizio nei confronti della popolazione Romanì, tutelandone il patrimonio linguistico – culturale e superare i campi nomadi, favorendo concrete misure di inclusione sociale.
La campagna è stata lanciata ieri a Roma da Dijana Pavolovic, portavoce della Federazione Rom e Sinti Insieme. Luigi Manconi, senatore Pd e presidente della Commissione Diritti Umani, è intervenuto a favore dell’iniziativa anche perché: "tutelare i diritti degli ultimi qualifica il livello di democrazia di un Paese". Rita Bernardini, segretaria del Partito Radicale ha ricordato che “laddove c’è strage di diritti, si rischia che ci sia anche strage di democrazia”.
Nel corso dei prossimi sei mesi, comitati locali in costituzione nelle varie città d’Italia si attiveranno per la raccolta di almeno 50 mila firme valide necessarie alla formale presentazione della legge.
“Sarà una difficile battaglia di carattere politico, ma anche culturale” dicono Giuseppe Casucci e Piero Soldini, rispettivamente rappresentanti della UIL e della CGIL, “i pregiudizi nei confronti di Rom e Sinti sono vecchi e radicati e sono il principale veleno che ha impedito finora di attuare misure concrete di inclusione sociale”.
Un veleno, ricordano i promotori, che nel 2008 ha permesso la politica di segregazione nei campi Rom, la schedatura delle persone, minori compresi, e la promulgazione, da parte del governo di allora di uno “stato di emergenza nomadi” che ha fruttato lauti guadagni per i faccendieri e che è stato poi condannato dalle istituzioni europee.