Al posto di Mered Yehdego Medhane, sarebbe stato arrestato in Sudan e portato qui Medhanie Tesfamariam Berhe, un giovane rifugiato. Familiari e amici: “Hanno preso la persona sbagliata”. La Procura di Palermo: “Accertamenti sull’identità”
Roma – 9 giugno 2016 – La hanno arrestato in Sudan, spedito in Italia e rinchiuso a Rebibbia perché venga processato per crimini gravissimi. Per magistrati e poliziotti, almeno fino a ieri, era Mered Yehdego Medhane, 35 anni, eritreo, boss del traffico di esseri umani. Uno che si è messo in tasca milioni di euro e sulla coscienza violenze, stupri e centinaia di morti. Sembra, però, che abbiano preso la persona sbagliata.
“L’arresto e l’estradizione in Italia di Mered Yehdego Medhane è un risultato straordinario, conseguito grazie a un’intensa attività investigativa e di cooperazione transnazionale”, diceva ieri il ministro dell’Interno Angelino Alfano. “Un passaggio fondamentale nell’azione di contrasto al traffico di esseri umani”.
“In soli tre mesi, nel 2014, ha fatto imbarcare circa 10.000 persone, guadagnando per ogni viaggio tra i 700.000 e 1 milione di Euro” spiegava il procuratore di Palermo Calogero Ferrara. Il direttore del Servizio Centrale Operativo della Polizia Renato Cortese chiariva che “Mered è un individuo che occupa un ruolo fondamentale nella cabina di regia di un network criminale che movimenta milioni di euro”.
Ora però c’è il fondato sospetto che il cittadino Eritreo catturato a Karthoum nel corso di un’operazione che ha visto coinvolti 007 sudanesi, la National Crime Agency inglese e gli investigatori italiani non sia affatto il re degli scafisti. Vittima di uno scambio di persona, forse dovuto a una parziale omonimia, sarebbe finito in manette e mandato in Italia Medhanie Tesfamariam Berhe, detto Kidane, un 27 eritreo scappato dal suo Paese e rifugiatosi in Sudan, una delle potenziali vittime dei trafficanti di uomini.
È quanto sostengono parenti e amici di Berhe, alcuni dei quali sono stati intervistati da The Guardian, che per primo ha sollevato il caso. Fshaye Tasfai, 42 anni, è suo cugino e vive in Sicilia. “È la persona sbagliata, non è un trafficante” ha detto al quotidiano inglese. “Viveva nella casa di mio padre. Ha l’asciato l’Eritrea nel 2014 ed è andato a Kharthoum circa un anno fa. Viveva lì con i miei fratelli e sorelle. Non lavorava e noi gli mandavano dei soldi”.
“È il mio migliore amico, è innocente” ha detto a The Guardian un coinquilino di Behre, spiegando che il giovane è stato arrestato a fine maggio e portato a casa per una perquisizione. Poi è sparito per diversi giorni prima di riapparire nei video che lo ritraggono al suo arrivo all’aeroporto a Roma in manette. “Hanno preso la persona sbagliata, non è un trafficante, è un semplice rifugiato” ha detto un altro amico.
Meron Estefanos, giornalista di origine eritrea che vive in Svezia e che in passato ha anche intervistato telefonicamente Mered (il trafficante). “Mi hanno scritto quasi 400 persone per dirmi: conosco questo ragazzo, è cresciuto con me. Hanno preso la persona sbagliata”. Testimonianze simili sono state raccolte nelle scorse ore anche da Bbc e Corriere della Sera. Le foto di Behre fornite dagli amici mostrano del resto poche somiglianze con quella del trafficante.
La Procura di Palermo oggi fa sapere di essere al lavoro per accertare l’identità dell’uomo estradato in Italia. Stamattina, si legge nelle agenzie, magistrati e poliziotti hanno rivisto atti e procedure: il soggetto consegnato non avrebbe documenti di riconoscimento. Domattina ci sarà l’interrogatorio di garanzia a Rebibbia, forse nei prossimi giorni ci saranno perizie per confrontare la voce dell’uomo estradato in Italia e quella del trafficante impressa sui nastri delle intercettazioni.
Se i dubbi venissero confermati, c’è un innocente in galera. E da qualche parte in Africa c’è un trafficante di uomini che se la ride dicendo: “Non mi assomiglia per niente”.
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