Tre operaie cinesi hanno trovato il coraggio di denunciare i loro sfruttatori. Venivano pagate 3 centesimi al pezzo
Roma – 27 giugno 2011 – Cucivano foulard per diciassette ore al giorno con un paga da fame, mangiando e dormendo nello stesso laboratorio, gelido d’inverno e torrido d’estate.
La schiavitù a Milano, andava in scena in un piano terra di via Melchiorre Cesarotti, traversa della multietnica via Padova, ed è stata scoperta grazie al coraggio di tre lavoratrici cinesi. Stanche di essere sfruttate, hanno raccontato ai carabinieri come passavano le loro giornate, aprendo la strada al blitz che oggi ha portato all’arresto di tre connazionali, una donna 41 anni, la “laopainiang” (capo), e due uomini di 42 e 46 anni soci del laboratorio tessile.
Le tre operaie, cittadine cinesi tra i 44 e i 49 anni in Italia senza permesso di soggiorno, avevano risposto a delle inserzioni pubblicate sulle riviste della comunità sino-meneghina. Ma si erano trovate ad affrontare condizioni massacranti: al telaio dalle 9 del mattino alle 2 di notte, con 3 pause pranzo da quindici minuti, pagate a cottimo, 3 centesimi al pezzo, tanto da mettere insieme circa 700 euro al mese.
Le donne dormivano insieme ad altri operai nello stesso laboratorio, che per la mancanza di impianti di riscaldamento e di condizionatori diventava gelido d’inverno e caldissimo d’estate. Nel marzo scorso hanno detto “basta” e si sono rivolte ai carabinieri della Compagnia di Porta Monforte, che oggi hanno fatto irruzione e hanno denunciato per sfruttamento dell’immigrazione e della manodopera clandestina gli aguzzini.