Roma – 26 settembre 2013 – “L’accesso dei ragazzi stranieri al servizio civile è una bomba destinata a scoppiare, comunque vadano le cose. Colpa dell’inerzia della politica che, nonostante gli impegni presi, non ha saputo cambiare la legge”. È la riflessione di Enrico Maria Borrelli, presidente dell’Amesci e del “Forum nazionale per il servizio civile”, che raggruppa una ventina di enti.
“Ci saranno nuove battaglie legali – spiega Borrelli a Stranieriinitalia.it– che bloccheranno la macchina del Servizio Civile. Sia se nel bando rimane, com’è più probabile, il requisito della cittadinanza italiana, sia se viene eliminato. A farne le spese saranno gli enti, che hanno investito energie e risorse per i loro progetti, ma, soprattutto, i beneficiari: anziani, poveri, minori e tutte le persone alle quali i volontari dedicano il loro impegno”.
Partiamo dall’ipotesi più probabile: nel nuovo bando c’è ancora il requisito della cittadinanza italiana
“In questo modo si disattende la sentenza del tribunale di Milano che ha accertato che quel requisito è discriminatorio. E quando nel 2012, per quel motivo, erano state sospese le partenze, la situazione si era sbloccata proprio dopo la rassicurazione, data a chi aveva presentato ricorso, che si sarebbe affrontato il problema nel prossimo bando. Un nuovo ricorso, presentato da un altro ragazzo straniero, potrà bloccare di nuovo tutto”.
E se invece il nuovo bando aprisse ai ragazzi stranieri cresciuti in Italia?
“È improbabile, perché, come ha detto l’Avvocatura dello Stato, la legge [d.lgsl. 77/2002 .ndr] prevede il requisito della cittadinanza italiana e per non inserirlo nel bando bisognerebbe prima cambiare quella legge. Comunque, se il nuovo bando fosse aperto agli stranieri, un ragazzo italiano che non riesce ad entrare potrebbe presentare ricorso sostenendo che il bando è illegittimo proprio per quel motivo”.
Bisognava insomma cambiare necessariamente la legge?
“Era quella la strada, ma è mancata a volontà politica. Da parte del governo, che doveva dare l’impulso, e da parte del Parlamento. Prima dell’estate avevamo proposto un emendamento da inserire in uno dei decreti omnibus in corso di conversione, ma non se n’è fatto niente”.
Perché questa inerzia?
“Ha pesato certo la situazione politica confusa. Da quando è stato presentato il ricorso del giovane pakistano a oggi si sono avvicendati tre governi e quattro ministri con delega al servizio civile. C’è stato poi l’accavallarsi di questa questione con il tema, più delicato, della riforma della cittadinanza: anche la sentenza di Milano riconosce ai ragazzi stranieri un diritto legato alla residenza in Italia. Infine, il Servizio Civile non è mia stato una priorità nell’agenda politica italiana”.
Ma il mondo del Servizio Civile è favorevole all’apertura ai ragazzi stranieri?
“Il nostro è un mondo con molte anime, ma di sicuro la maggior parte di queste è favorevole. In tanti riteniamo opportuna anche una riflessione più ampia, legata al diritto di cittadinanza. Comunque io credo che se il servizio civile deve essere una palestra di cittadinanza, un modo per allenare i volontari al confronto e al rispetto dell’altro, farne anche un’esperienza interculturale sarebbe senza dubbio un importante passo avanti”.
Elvio Pasca