Roma – 19 novembre 2013 – Il Servizio Civile va aperto anche ai ragazzi stranieri che vivono in Italia. Nei prossimi giorni bisognerà dare loro la possibilità di presentare le domande.
È arrivata stamattina, a tempo di record, la decisione del tribunale di Milano sul ricorso contro l’ultimo bando del servizio civile presentato da quattro figli di immigrati, dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione e da Avvocati per Niente Onlus. Hanno vinto loro: il giudice Fabrizio Scarzella ha dichiarato "discriminatorio" il bando "nella parte in cui richiede il requisito della cittadinanza italiana".
Le conseguenze? All’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile viene ordinato di “cessare il comportamento discriminatorio”, di modificare il bando “consentendo l’accesso anche agli stranieri soggiornanti regolarmente in Italia” e di “fissare un termine non inferiore a 10 giorni” per “la presentazione delle ulteriori domande di ammissione”.
La strada scelta dal governo (la delega al servizio civile è nelle mani di Cècile Kyenge), insomma, si è rivelata sbagliata. Tanto più che sono state ignorate le altre due sentenze che hanno bocciato come discriminatorio, in primo e secondo grado, il precedente bando del servizio civile del 2011, che pure non ammetteva giovani stranieri. L’avvocatura dello Stato potrebbe presentare appello, ma alla luce di quanto accaduto finora quante speranze avrebbe di farcela?
Anche stavolta nell’ordinanza si riflette sul concetto di “difesa della patria” al quale è collegato il Servizio Civile. E si delinea un concetto di cittadinanza nel quale possono rientrare anche gli immigrati e i loro figli, semplicemente perché vivono in questo Paese rispettandone le leggi.
“L’attività di difesa della patria – scrive il giudice Scarzella – è funzionale anche alla realizzazione del dovere di solidarietà sociale previsto dall’art. 2 della Costituzione cui sono chiamati tutti coloro che risiedano stabilmente nel nostro territorio”. È quindi conforme alla Costituzione “permettere allo straniero residente in Italia di concorrere al progresso materiale e spirituale della società e all’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale attraverso la sua partecipazione al Servizio Civile Nazionale”.
Secondo il giudice bisogna anche interpretare “costituzionalmente” la legge sul servizio civile (D.lgs. n.77/2002), richiamata dal bando, che prevede il requisito della cittadinanza italiana. Come? “Nel senso che il termine ‘cittadino’ va inteso riferito al soggetto che appartiene stabilmente e regolarmente alla comunità italiana”.
“Questa volta ce l’abbiamo fatta davvero, e senza provocare disagi ai volontari, come paventavano molti enti, perché il bando andrà riaperto per appena dieci giorni” commenta l’avvocato Alberto Guariso, membro di Asgi e Apn, che ha curato i ricorsi con il collega Livio Neri. “Per la prima volta tutti i ragazzi che vivono in Italia, senza discriminazioni, potranno dedicarsi per un anno al servizio civile”.
Certo, c’è sempre il rischio che l’anno prossimo, magari un altro governo, faccia un nuovo bando solo per italiani, contro il quale andrebbe presentato l'ennesimo ricorso. È per questo motivo che, senza ulteriori e colpevoli esitazioni, ora deve muoversi la politica.
“Il Parlamento cambi la legge sul servizio civile – taglia corto l’avvocato Guariso – eliminando il requisito della cittadinanza italiana. Queste sentenze potrebbero forse giustificare anche un intervento d’urgenza, con un decreto legge del governo. Di certo serve chiarezza per chiudere definitivamente una diatriba che si trascina a spese dei giovani”.
Elvio Pasca
Scarica l'ordinanza del Tribunale di Milano