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Sfruttamento di migranti: sequestrata cooperativa nel padovano

Roma, 9 febbraio 2024 – Una cooperativa di Vigonza, nel padovano, è stata sottoposta a sequestro preventivo finalizzato alla confisca a seguito di accuse di sfruttamento di migranti irregolari. L’azione eseguita dalla Squadra Mobile di Padova in collaborazione con personale dell’Ispettorato del Lavoro.

Migranti, blitz della polizia contro lo sfruttamento in una cooperativa

La cooperativa è stata accusata di impiegare 19 migranti di origine africana e richiedenti asilo in condizioni quasi schiavistiche. Questi lavoratori, provenienti da Mali, Burkina Faso, Senegal, Costa D’Avorio e Guinea, erano stati assegnati a lavori di assemblaggio ed etichettatura, senza ricevere alcuna retribuzione. Vivevano in condizioni degradanti, senza cibo sufficiente, vestiti o cure mediche adeguate e addirittura senza scarpe durante il lavoro.

Il legale rappresentante della cooperativa, un 48enne padovano, è stato indagato per violazione di norme sull’immigrazione, caporalato ed estorsione. Nonostante la cooperativa non avesse l’incarico ufficiale della Prefettura per svolgere servizi di accoglienza straordinaria, infatti, utilizzava comunque questi lavoratori irregolari come manodopera dipendente. Tra l’altro, gli stranieri erano stati costretti a firmare un “patto formativo di inclusione sociale”, sotto minaccia di perdere l’ospitalità e ritardare la pratica per ottenere l’asilo e i documenti per lavorare presso la Questura di Padova. Alcuni cittadini del Mali erano stati addirittura convinti che questo fosse l’unico modo per rimanere in Italia. E che lavorando in questo modo avrebbero ottenuto documenti più velocemente.

L’indagine

L’indagine è partita dalla perquisizione di un uomo tunisino che, nonostante fosse stato espulso e poi rientrato illegalmente in Italia, è stato assunto dalla cooperativa di Vigonza. Dai controlli successivi è emerso che numerosi stranieri, alcuni senza documenti regolari, venivano impiegati come dipendenti dalla cooperativa. La scoperta di questo sistema di sfruttamento, poi, è stata resa possibile grazie a due ispezioni successive disposte dalla Procura. Le analisi hanno rivelato come una seconda cooperativa, regolarmente assegnataria dell’appalto Cas, passasse le persone assegnate all’altra cooperativa che le sfruttava sotto il pretesto di un “patto formativo di inclusione sociale”.

Così gli stranieri coinvoli, intimoriti dalla prospettiva di perdere l’ospitalità e il pocket money garantito dalla Prefettura, accettavano di firmare il “patto”. La loro speranza era solo quella di garantirsi un posto in Italia.

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