L’europarlamentare leghista risponde alle accuse di Marchetto: "Il governo non va contro i diritti umani"
Roma – 25 settembre 2008 – "Critica l’Italia, però poi non si prende gli immigrati. Siccome il Vaticano ci accusa sotto il profilo istituzionale, allora vari norme che tutti quelli che arrivano in Vaticano hanno l’asilo o la cittadinanza… il voto no perché lì non si vota". L’europarlamentare leghista Francesco Speroni, intervistato dal quotidiano online Affaritaliani.it, replica duramente alle accuse lanciate all’Italia da monsignor Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio dei Migranti, sul tema degli immigrati.
"Un gesto potrebbe farlo il Vaticano, magari anche solo accoglierne 100 o 200. Il Vaticano è uno stato sovrano e quelli che sono clandestini per l’Italia potrebbero avere la cittadinanza Oltretevere. Nulla vieta al Vaticano di dare la cittadinanza a chi gli pare e piace". Secondo l’esponente del Carroccio c’è "un’inesattezza o un mancato chiarimento da parte del monsignore. A quali diritti umani si riferisce? La prima dichiarazione dei diritti dell’uomo risale alla Rivoluzione francese e quindi non c’entra niente con quella guerra che cita, presumo la Seconda Guerra Mondiale”.
“Poi c’è la dichiarazione dei diritti dell’uomo dell’Onu – prosegue Speroni -, la convenzione europea del Consiglio d’Europa e infine l’ultima, quella di Nizza, che riguarda l’Ue. Intanto deve spiegare a quale si riferisce. Mettiamo pure si riferisca a quella di Nizza, l’Italia non va contro i principi di questi diritti umani tanto è vero che il commissario Ue competente ha detto che non risulta che i provvedimenti italiani siano contrari alle norme sui diritti dell’uomo dell’Ue, salvo marginalità in corso d’esame".
"Correttezza vorrebbe che il monsignore motivasse queste sue affermazioni. Se l’Unione europea non ha trovato nulla da ridire sulle norme varate o in via di approvazione dal governo italiano non vedo perché questo monsignore possa ergersi a censore senza citare norme specifiche. Così genericamente sono tutti capaci di parlare… è un qualunquismo politico".