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Strada in salita per gli Obama italiani

Immigrati e partiti. Faye: “Razzismo soft”. Touadi: “Mancano i canali per emergere”. Sbai: “Le comunità si facciano sentire”

Roma – 12 novembre 2008 – "Sarei rimasto molto sorpreso se anche uno brillante come Obama fosse stato capace di rompere la strettoia istituzionale di potere all’interno del partito laburista”. “I partiti sono felici di appoggiare  l’idea che bisogna portare avanti la causa delle minoranze, ma preferiscono che siano altri a metterla in pratica. È razzismo istituzionale”.

L’accusa lanciata la scorsa settimana in un’intervista al Times da Trevor Phillips, presidente della Commissione per l’uguaglianza razziale del Regno Unito, ha sollevato un vespaio di polemiche sui quotidiani britannici. Ma da noi come vanno le cose? Quanta strada riesce a fare nei nostri partiti chi non è italiano da sette generazioni?

“Magari fosse come negli Usa o nel Regno Unito, siamo lontani anni luce. Nei partiti italiani manca un lavoro serio, alla resa dei conti i gruppi dirigenti non sembrano interessati a far emergere persone valide che arrivano dalle comunità straniere. Si preferisce scegliere  i soliti yes-men con logiche di cooptazione” sostiene Aly Baba Faye, sociologo d’origine senegalese con alle spalle anni di militanza politica a sinistra.

“Ci  vorranno molti anni per avere un Obama italiano – sostiene Faye –  perché manca un lavoro dal basso. In Paesi come la Francia le minoranze sono arrivate al governo, anche come reazione alle banlieus. Qui da noi cosa si aspetta? Che nasca davvero un partito degli immigrati?”

Ma si può parlare di razzismo dei partiti? “Non esiste solo il razzismo di chi aggredisce gli immigrati per strada. – sottolinea il sociologo –  C’è anche una versione più soft, che nelle selezioni ti tiene fuori perché sei nato in un altro Paese, che si giustifica dicendo che è troppo presto per dei politici immigrati, giudicandoti più perché sei nato straniero che per quello che fai”.

Eppure in Parlamento qualche nuovo italiano c’è arrivato, come Jean Lèonard Touadi, deputato di origine congolese, eletto nelle file dell’Italia dei Valori, ma poi entrato nel gruppo del Partito Democratico.

 
Touadi respinge la tesi del razzismo istituzionale (“non hanno avuto il tempo di elaborarlo” scherza),  però ammette: “Mancano percorsi per far emergere i talenti degli immigrati, nella società italiana e, di riflesso, nei partiti. Le storie di quelli che ce l’hanno fatta sono storie individuali, persone emerse singolarmente per le loro doti ma non perché ci fossero canali collaudati per portarli dove sono”.

“Negli Stati Uniti, – nota Touadi – sei immigrato provvisoriamente, ma a un certo punto puoi esprimere i tuoi talenti e realizzare le tue aspirazioni. In Italia sei sempre straniero, un corpo estraneo, l’innesto di novità non viene assunto come un valore. Partiti, sindacati, tutti gli aggregati sociali devono farsi carico di questa situazione, creare canali di pari opportunità attraverso i quali chi ha talento possa dimostrarlo e raccoglierne i frutti. Il Pd ha aperto agli immigrati per le primarie, ma non si può fermare a questo”.

Secondo l’onorevole del Pd, la situazione cambierà nel giro di “cinque, dieci anni”. “È il tempo necessario perché si consolidi una middle class di origine immigrata, capace di fare pressione in questa direzione. Un altro impulso molto forte è l’arrivo in Italia di tanti immigrati comunitari, che possono votare alle amministrative”.

Souad Sbai, giornalista nata in Marocco eletta alla Camera con il Popolo delle Libertà, preferisce guardare il bicchiere mezzo pieno: “La prima generazione di immigrati – sottolinea  – ha già fatto passi importanti. C’erano deputati di origine straniera  anche nella scorsa legislatura  e nelle amministrazioni locali ci sono molti nuovi cittadini. Credo che col passare degli anni la politica darà loro sempre più spazio”.

“I partiti – continua la deputata del Pdl – non sono razzisti, spesso però si mostrano indifferenti. Oppure usano gli immigrati per la propaganda in campagna elettorale, ma poi, come ha fatto il Pd, non li portano in Parlamento.  Serve quindi un’opera di sensibilizzazione, ma deve partire anche e soprattutto dagli immigrati”.

Sbai porta ad esempio la sua esperienza: “Da quando sono stata eletta ci sono alcune comunità straniere che mi contattano, presentano proposte, organizzano incontri per esprimersi anche a livello politico. Altre invece rimangono in disparte. Serve un maggiore coinvolgimento, bisogna farsi sentire. Le prossime elezioni europee saranno una buona occasione per dare più spazio a candidati di origine straniera”.

Elvio Pasca

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