TORINO, 11 febbraio 2013 – Lo straniero che maltratta la moglie fino al punto da subire una condanna non merita la cittadinanza italiana. Nemmeno se da quella donna si è separato da tempo e oggi ha un'altra compagna.
Per questo motivo il Tar del Piemonte ha respinto il ricorso presentato da un cittadino marocchino contro il ''no'' opposto nel 2010 dal Ministero dell'Interno: l'immigrato ha un lavoro stabile, vive in Italia da piu' di dieci anni, si e' sposato di nuovo, fa persino del volontariato ma ''non ha compiuto – si legge nella sentenza – il suo processo di integrazione nella comunita' nazionale''.
Sulle spalle dell'uomo pesa il precedente penale per maltrattamenti e un paio di informative della Questura di Torino da cui si ricava che a suo carico ci sono altre denunce. Inutilmente l'uomo ha sottolineato che i guai con la legge sono solo il prodotto del rapporto con la prima moglie, un matrimonio diventato burrascoso nel periodo che precedette il divorzio siglato nel 2007. Si tratta di una moltitudine di episodi che, se non sono stati considerati abbastanza gravi da revocargli il permesso di soggiorno, giustificano il rifiuto di naturalizzarlo e quindi la validita' del ''no'' pronunciato nel 2010. D'altra parte, osservano i giudici citando il Consiglio di Stato, le autorita' hanno il diritto di esercitare questo potere in maniera ''ampiamente discrezionale''. E la cittadinanza non e' una medaglia che si regala a chi la chiede ''per comodita' di carriera, di professione o di vita'': l'amministrazione, prima di concederla, deve accertare caso per caso ''un interesse pubblico da valutarsi ai fini della societa' nazionale''.
La sentenza, comunque, lascia all'uomo ancora aperto uno spiraglio. Se nel 2010 il Ministero ha agito correttamente, non e' detto che in futuro non possa ripensarci: l'uomo, tra un anno, potra' presentare una nuova istanza. Avere il certificato penale macchiato non e' necessariamente un handicap quando si chiede la cittadinanza italiana: dipende dal reato che si e' commesso. Il Tar piemontese, sulla delicata questione, e' intervenuto altre due volte, e il complesso delle sentenze ha portato alla luce la linea di confine tra quello che si puo' e che non si puo' fare. Un altro cittadino marocchino ha vinto il ricorso perche' il suo precedente era un patteggiamento con il tribunale di Cagliari, nel 1996, per il reato di incendio colposo.