Roma – 13 maggio 2014 – “Il mondo del terzo settore può fornire un contributo determinante per realizzare il cambiamento economico, sociale, culturale, istituzionale di cui il Paese ha bisogno”. È infatti capace di “essere motore di partecipazione e di autorganizzazione dei cittadini, coinvolgere le persone, costruire legami sociali, mettere in rete risorse e competenze, sperimentare soluzioni innovative”.
Parte da queste premesse la riforma del Terzo Settore che il governo Renzi ha messo in cantiere. Lo stesso premier ne ha diffuso via Twitter le Linee guida, aprendo una consultazione che durerà un mese a partire da oggi e porterà a un disegno di legge delega che il consiglio dei ministri varerà a fine giugno.
Tra gli obiettivi principali, c’è la “costruzione di un nuovo Welfare partecipativo”. Poi la valorizzazione dello “straordinario potenziale di crescita e occupazione insito nell’economia sociale”. Infine, “premiare con adeguati incentivi e strumenti di sostegno tutti i comportamenti donativi o comunque pro sociali dei cittadini e delle imprese, finalizzati a generare coesione e responsabilità sociale”.
Cinque le linee guida individuate dal governo per realizzare questi obiettivi, ognuna delle quali prevede diversi punti di intervento, indicati dettagliatamente nel documento diffuso da Renzi.
Innanzitutto, bisogna “ricostruire le fondamenta giuridiche” del Terzo Settore, definendone i confini e “separando il grano dal loglio”. Significa, per esempio, riconoscere i soggetti giuridicamente privati, ma “pubblici per le finalità di utilità e promozione sociale che perseguono”. Oppure specificare i confini tra volontariato e cooperazone sociale, associazioni di promozione sociale e impresa sociale. Ma anche contrastare i “soggetti non sempre trasparenti” che si mascherano da terzo settore solo per usufruire i benefici e aggirare obblighi di legge.
La riforma vuole valorizzare il principio di sussidiarietà verticale e orizzontale, con “nuovi modelli di assistenza in cui l’azione pubblica possa essere affiancata in modo più incisivo dai soggetti operanti nel privato solidale”. Il no profit dovrebbe ad esempio partecipare anche alla programmazione delle politiche pubbliche, vanno rivisti i requisiti di accreditamento e le procedure di affidamento dei servizi, e servono “incentivi per la libera scelta dell’utente a favore delle imprese sociali”: deduzioni/detrazioni fiscali oppure voucher.
Bisogna poi far "decollare davvero l’impresa sociale", dimostrando che “capitalismo e solidarietà possono abbracciarsi in un modo nuovo”. Gli interventi in questo caso vanno dall’ampliamento della “materie di particolare rilievo sociale” e della “categoria di lavoratori svantaggiati”, alla previsione di “forme limitate di remunerazione del capitale sociale”, a maggiori semplificazioni per la formazione e la presentazione del bilancio, passando per la promozione del “Fondo per le imprese sociali” e il sostegno alla rete di finanza etica.
Una delle linee guida qualificanti della riforma è la creazione del “Servizio Civile Universale” aperto ogni anno a 100 mila giovani tra i 18 e i 29 anni. Ci saranno benefit come crediti formativi universitari, tirocini universitari e professionali, canali di ingresso facilitati nel mercato del lavoro. Èd è prevista “la partecipazione degli stranieri”, in modo da superare definitivamente una discriminazione che negli anni passati ha colpito tanti figli di immigrati.
Infine, il governo vuole dare stabilità e ampliare le forme di sostegno economico, pubblico e privato, degli enti del terzo settore. E qui le promesse sono tante, come il “potenziamento del 5 per mille”, il “riordino e l’armonizzazione della delle diverse forme di fiscalità di vantaggio” o la sperimentazione del “voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia” come “strumento di infrastrutturazione del secondo welfare”.
Elvio Pasca
Scarica le Linee Guida per la Riforma del Terzo Settore