Roma 6 luglio 2011 – “L’operazione e’ stata effettuata per la prima volta dalla sezione di Antimafia che ora grazie alla nuova normativa si occupa anche di associazioni a delinquere finalizzate al traffico di persone”.
Cosi’ Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, ha presentato oggi presso la Direzione Antimafia Nazionale i risultati dell’indagine che ha coinvolto le procure di Bologna e Lecce e che ha individuato un’organizzazione criminale volta a favorire lo sbarco di immigrati clandestini sul territorio italiano facendo scattare oggi decine di arresti in tutta la Penisola.
L’operazione e’ partita quando, il 13 maggio 2010, sono stati avvistati degli uomini uscire dal container di un traghetto nel porto di Ravenna. Gli uomini di origine georgiana sono stati fermati dalle autorita’ che hanno ispezionato il container all’interno del quale hanno trovato 61 clandestini di cui 4 bambini di diversa nazionalita’, prese d’aria ed un bagno chimico. Proprio da quest’ultimo elemento e’ partito il sospetto che una tale modifica strutturale del container supponesse la presenza di un’organizzazione criminale.
L’organizzazione criminale, sviluppata secondo modelli orizzontali, non sembra avere legami con realta’ italiane, anche perche’ la destinazione finale dell’immigrazione erano i paesi del nord Europa ed in particolare quelli scandinavi.
L’operazione, chiamata “Ropax” dal nome del traghetto appartenente alle Adriatic Lines, ha individuato due rotte sulle quali si muovevano i traffici. La prima dalla Turchia arrivava in Italia passando dalla Grecia spesso con sbarchi in Puglia e Calabria che ripetendosi il 28 agosto, il 7 settembre e il 10 settembre hanno dato la conferma di appartenere alla stessa associazione criminale. La seconda rotta individuata da alcuni sbarchi in provincia di Agrigento partiva invece dall’Egitto.
Di supporto a questi sbarchi c’era una rete di pakistani, afgani, iraniani, indiani residenti in Italia a Bologna e nella zona di Crema che facevano da ponte trasportando i clandestini in nord Europa. Il trasporto verso le altre nazioni aveva un costo che variava da 800 a 1200 euro a persona a seconda della distanza.
Il procuratore antimafia di Lecce, Cataldo Motta, ha illustrato come l’immigrazione sia cambiata in Puglia, passando dall’uso dei gommoni che fino al 2009 erano il mezzo piu’ usato per gli sbarchi alle barche a vela. Queste essendo piu’ lente e potendo contenere tutti i passeggeri sottocoperta, diventano difficilmente individuabili anche dalle ricognizioni aeree, ma hanno lo svantaggio di doversi fermare a diversi metri dalla riva e necessitano di piccole imbarcazioni per portare i passeggeri a terra.
In 6 mesi sono state fermate 20 barche a vela di cui una a doppio albero, 6 gommoni e 40 scafisti. Di questi, 3 georgiani, grazie a delle intercettazioni ottenute dalla procura di Bologna, sono stati accusati anche di tentato omicidio per aver buttato un uomo da una barca.
Particolare, il modo definito ‘Sarafi’ di pagamento del trasporto; utilizzando un metodo gia’ conosciuto dalle autorita’ nell’ambito del traffico d’oppio, i migranti, che pagavano cifre tra i 5mila e i 10mila euro, consegnavano i propri soldi ad agenzie di trasferimento denaro, che li bloccavano con un codice. Avvenuto lo sbarco il clandestino dava il codice allo scafista che cosi’ poteva sbloccare i soldi.
L’organizzazione offriva sconti famiglia, secondi viaggi gratuiti nel caso lo sbarco fosse andato male al primo tentativo e sequestrava i cellulari dei clandestini due giorni prima del viaggio per evitare che l’intensificarsi del traffico telefonico nei giorni della traversata potesse attirare le attenzioni delle autorita’. Proprio dai cellulari degli scafisti, analizzando i dati dei Gps, e’ stato possibile verificare il percorso effetttuato dagli scafisti.