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“Tua moglie è la zingara della televisione”, poi le botte 

Aggressione razzista contro Paolo Cagna Ninchi, presidente di Upre Roma e marito di Dijana Pavlovic. Unar: “L’antigitanismo diventa violenza”

Roma – 8 novembre 2016 – Insultato e picchiato perché sua moglie “è la zingara che va in televisione”. È successo venerdì sera a Paolo Cagna Ninchi, presidente dell’associazione Upre Roma, impegnata impegnata in attività e progetti contro la discriminazione e per l’inclusione della comunità rom, e marito di  Dijana Pavlovic, attivista rom  da tempo minacciata e molestata sui social e nel quartiere dove vive.

Ninchi è stato aggredito da uno sconosciuto sotto casa, vicino viale Ungheria. Per le botte ha subito una lesione al timpano dell’orecchio sinistro che ha reso necessario un intervento chirurgico con un lungo decorso di guarigione. 

Un crimine d’odio, sottolinea Upre Roma in una nota,  come tanti altri che i Rom e i non rom che “li difendono” (che nella classifica della mentalità razzista sono peggio dei rom stessi) subiscono. Una famiglia normale con un bambino di 7 anni che abita in una periferia di Milano è costretta da tempo a vivere nella paura di scendere sotto casa per portare fuori il cane o a fare la spesa nel supermercato per il solo fatto che è classificata come una famiglia zingara.

L’associazione denuncia “questo crimine a palese sfondo razziale attuato in un clima di odio e di insofferenza che sfoga il proprio malessere sulla fragilità altrui, immigrati o “zingari” che siano”  e chiede che l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale (Unar) intervenga con decisione nel condannare i crimini d’odio e che si impegni per migliorare la legislazione che condanna questi crimini”. 

Infine sollecita “l’amministrazione di Milano, che ha speso grandi parole durante la campagna elettorale sulle periferie, a passare ai fatti”. “C’è bisogno non di costosi progetti di “riqualificazione urbana” intesi come interventi immobiliari, ma in meno costosi ma più rapidi ed efficaci interventi sulla vivibilità umana di posti che, come viale Ungheria, sono luoghi di solitudine spirituale, di vuoto sociale e culturale che producono esclusione, insofferenza e odio”.

Per Francesco Spano, direttore dell’Unar, l’aggressione è un “crimine d’odio da condannare senza esitazione”. “Questo episodio dimostra come l’antigitanismo ed il clima di intolleranza e paura nei confronti di chi è diverso possano degenerare in violenza”. Spano, nell’esprimere solidarietà e vicinanza a Paolo Cagna Ninchi e alla sua famiglia, invita tutti ad una “maggiore responsabilità nel linguaggio ed a contribuire alla costruzione di una società aperta e inclusiva nei confronti delle comunità rom e sinti”.

 

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