Roma – 26 aprile 2012 – C’è chi vuole aprire negozio di alimenti tipici del suo Paese d’origine, chi sogna di fare il parrucchiere e chi vuole un’impresa di pulizie tutta sua.
Sono tante e diverse le aspirazioni degli immigrati che hanno già aderito a ”Start it up’, un progetto di formazione e di accompagnamento all’avvio di nuove imprese di stranieri avviato a Udine (come in altre nove province italiane ) dalla Camera di commercio industria artigianato agricoltura. Partecipano già trentadue aspiranti imprenditori, dieci dei quali sono donne. Altri si potranno aggiungere, dal momento che per aderire c’è tempo fino al prossimo 30 aprile.
“Si parte da un colloquio orientativo per valutare l’imprenditorialita’ delle persone, che vengono poi inserite in un percorso collettivo di formazione di 24 ore. Per poi giungere al percorso personalizzato, individuale, per realizzare il ‘business plan. L’aiuto che noi offriamo gratuitamente sono la formazione e la consulenza personalizzata” spiega Elisa Zanuttini della Ccia.
Una buona idea? Il segretario della Lega Nord del Friuli Venezia Giulia, Pietro Fontanini, è scettico: “Forse è meglio – dice – che gli extracomunitari vadano a fare gli imprenditori a casa loro”. “Io sono un liberista – ci tiene però a sottolineare – e pertanto non sono contrario. Che provino anche loro a fare impresa con il 50% dell’utile che va allo Stato. Sarà dura aprire una impresa qui”.
Fontanini c’è l’ha in particolare con gli imprenditori cinesi, che sta ”stanno acquistando licenze commerciali di parrucchieri, bar e altro. A Udine ho visto la pubblicita’ di taglio piu’ shampoo a 6 euro, che e’ uguale a buttare fuori dal mercato gli artigiani che lavorano qui da anni. Per tenere i prezzi bassi, è probabile che lavorino 60 ore a settimana e dormano nei garage. Questa – ritiene – e’ una deregulation pericolosa”.
EP