Il ministro degli Esteri: "Forti resistenze su quote di profughi anche da parte di Paesi importanti. Servono fondi per l'accoglienza"
Roma – 28 maggio 2015 – La proposta della Commissione europea sull'immigrazione "non va scambiata per una decisione finale": "è un buon inizio. Ma ora parte una trattativa delicata, complessa e piena di incognite".
Così il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, in un'intervista ad Avvenire. "E' un passo positivo, si fissa un principio nuovo. Ora però tocca agli stati membri. E sappiamo bene quanto siano forti le resistenze anche di Paesi importanti", di fronte "all'idea che l'Unione europea possa imporre delle quote di accoglienza".
"Penso che un no di Francia e Spagna – aggiunge Gentiloni – sarebbe francamente sorprendente. Sono due grandi democrazie con tradizioni di apertura ai diritti: come possono pensare di bloccare una scelta di condivisione europea solo perche' questa comporta di accogliere seimila e quattromila migranti?".
"Il risveglio di coscienza europea non puo' esaurirsi in poche settimane. Su immigrati e accoglienza l'Europa è chiamata a un contributo quasi simbolico; stiamo parlando di meno del 10 per cento di immigrati che arrivano sulle nostre coste. I numeri sono numeri: l'anno scorso sono arrivati 170mila immigrati, la proposta della Commissione parla di ricollocarne per l'Italia 24 mila in due anni. Significa 12 mila all'anno. Significa meno del 10 per cento".
Gentiloni parla anche dei 100.000 immigrati arrivati prima di aprile e ai quali ovrà pensare l'Italia da sola. "L'anno scorso abbiamo accolto 170 mila immigrati, possiamo accoglierli anche quest'anno. Certo, il sistema dell'accoglienza pesa sulla nostra finanza pubblica e l'Europa anche su questo puo dare risposte e condividere responsabilita'".
D'altra parte, "l'Europa è' una super potenza economica". "Nel suo bilancio dare un contributo di alcune centinaia di milioni ai Paesi impegnati in prima fila nell'accoglienza non creerebbe certo una voragine. E anche questo sarà un metro di misura di quanto si voglia rispondere all'emergenza considerandola europea e non solo italiana e greca".
"L'Europa – sottolinea il ministro – fa bene a rivendicare che i fondi per Frontex siano stati triplicati, ma dobbiamo essere tutti consapevoli che abbiamo triplicato un investimento da tre milioni al mese. Oggi la Ue spende per Frontex nove milioni al mese, sono poco piu' di cento milioni ogni anno. Oggi non basta piu'. Oggi il contributo ai Paesi impegnati in prima fila nel l'accoglienza puo' essere nell'ordine delle centinaia di milioni non delle decine. Ripeto: siamo di fronte a una questione europea, la risposta non puo' essere solo italiana o greca".
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