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Una regolarizzazione per pagare la ricostruzione dell’Emilia

Un permesso di soggiorno a chi ha un lavoro, una montagna di soldi da  impiegare nelle zone colpite dal terremoto. La proposta di  Stranieriinitalia.it

 

 

Roma – 30 maggio 2012 – L’immigrazione ha già pagato un prezzo di sangue nel  terremoto dell’Emilia, con quattro operai stranieri morti tra le macerie delle loro fabbriche. Da centinaia di migliaia di immigrati, che ogni giorno lavorano nell’ombra, potrebbe però arrivare anche un enorme contributo alla ricostruzione.

Si stima che in Italia vivono mezzo milione  stranieri senza permesso di  soggiorno. Sono qui perchè hanno un lavoro che consente loro di mantenersi e  di vivere meglio che in patria, ma è un lavoro in nero, nelle case e nelle  imprese degli italiani. Non potrebbe essere altrimenti visto che per firmare un contratto serve un permesso di soggiorno.

Se sono così tanti  è anche perché l’attuale legge sull’immigrazione non  funziona. Ci vorrà tempo e fatica per cambiarla, ma basterebbe un  provvedimento di poche righe, una piccola deroga a norme rivelatesi  inefficaci, per dare un permesso di soggiorno a chi lavora. “Con una nuova  regolarizzazione, l’Italia non guadagnerebbe solo mezzo milione di nuovi  cittadini finalmente liberi di vivere alla luce del sole, ma anche una montagna di soldi da impiegare nelle zone colpite dal sisma” sottolinea Gianluca Luciano, amministratore unico di Stranieri in Italia.

Ipotizziamo un contributo forfettario di 500 euro a domanda,  come nella regolarizzazione del 2009. Con mezzo milione di  adesioni, lo Stato incasserebbe nel giro di pochi giorni duecentocinquanta  milioni di euro. Una cifra enorme, quasi cento volte più grande,  per citare  una proposta di queste ore, di quella che si risparmierebbe cancellando la  parata militare del 2 giugno.

Duecentocinquanta milioni sembrano però spiccioli in confronto a quanto  verserebbero d’ora in poi questi lavoratori alle casse dello Stato.  Cinquecentomila nuovi regolari, sono stime della Cgil, “valgono” cinque  miliardi di euro l’anno in tasse e contributi previdenziali: in piena crisi  economica e dopo la catastrofe di questi giorni chi ha il coraggio di  rinunciare a questo tesoro?

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