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Usa. Un giudice sospende la maxi regolarizzazione voluta da Barack Obama

Stop agli ordini esecutivi del presidente finché non arriverà il verdetto sul ricorso presentato da 26 Stati repubblicani. Milioni di immigrati rischiano di nuovo l'espulsione

Washington – 17 febbraio 2015 – Gli oppositori della regolarizzazione avviata dal presidente Usa Barack Obama a colpi di ordini esecutivi bypassando il Congresso portano a casa il primo risultato. Ieri sera un giudice federale del Texas ha infatti bloccato l'efficacia degli ordini, impedendo di fatto agli immigrati senza permessi  di soggiorno di mettersi al riparo dall'espulsione.

Il giudice Andrew S. Hanen è alle prese con un ricorso  presentato da 26 Stati a guida repubblicana. In realtà non si è ancora espresso nel merito degli ordini esecutivi, ma ha ritenuto che ci fossero ragioni per sospenderli in via cautelativa mentre la causa va avanti.

In un memorandum Hanen ha  sottolineato che nessuna legge dà all'amministrazione il potere “di concedere a 4,3 milioni di stranieri espellibili ciò che lo stesso  Department of Homeland Security definisce 'presenza legale'. Infatti la legge ordina che questi individui illegalmente presenti vanno espulsi”, Eppure il Department of Homeland Security ha “adottato una nuova regola che sostanzialmente cambia sia lo status che la possibilità di essere assunte per milioni di persone”.

Gli ordini esecutivi di Obama offrirebbero una moratoria legale ai genitori senza documenti di cittadini americani e a quanti hanno risieduto nel Paese per almeno cinque anni. Questo eliminerebbe la minaccia costante di espulsione. Molti potrebbero anche avere dei permessi per lavoro.

Inoltre, quegli ordini esecutivi amplierebbero il Deferred Action for Childhood Arrivals (DACA), un programma del 2012, consentendo ai giovani migranti arrivati da bambini ma  in condizione irregolare di chiedere la stessa moratoria. Si tratta dei cosiddetti dreamers. Complessivamente, si stima che i potenziali beneficiari sono tra 4 e 5 milioni.

È l'ultimo atto dello scontro iniziato lo scorso novembre, quando l'inquilino della Casa Bianca, di fronte all'incapacità del Congresso di condurre in porto una riforma bipartisan dell'immigrazione, ha agito per conto suo firmando gli ordini esecutivi. Un gesto che i repubblicani hanno da subito bollato come un abuso di potere.

La decisione del giudice texano è arrivata con un eccezionale tempismo: il 18 febbraio si sarebbero infatti aperti i termini per presentare le domande di moratoria. Ora è tutto sospeso e milioni di immigrati senza permesso di soggiorno attendono di sapere come andrà a finire.
 

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